Il fenomeno della prostituzione su strada «sottrae spazi di vita sociale e civile al resto della collettività». È uno dei passaggi della sentenza con cui il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di due associazioni che tutelano i diritti delle prostitute, il Comitato per i diritti civili delle prostitute e lassociazione «La Strega da Bruciare», contro lordinanza emessa dal sindaco di Roma Gianni Alemanno nel settembre scorso e contro il decreto del ministro dellInterno, Roberto Maroni.
«Irrilevante - si legge nella sentenza - sappalesa il fatto che, da sola, la prostituzione non costituisca reato, perché per un verso essa dà luogo a negozi illeciti per violazione dellordine pubblico e del buon costume» e per altro verso simpone come «pervasiva, ossia come uno spazio di mercato del tutto anomalo e che la cittadinanza subisce e sente come degrado della convivenza civile». Quindi «liniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con lutilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana».
Lordinanza, secondo i giudici amministrativi, non appare come preteso dai ricorrenti «come una sorta di maldestro tentativo dallontanare o peggio ghettizzare i sex workers in aree marginali o pericolose». Inoltre lordinanza «non sanziona certo labbigliamento o latteggiamento dei soggetti di diritto solo perché denotino un dato gusto o orientamento sessuale, ma mira a limitare solo quei comportamenti che sia strumentale allesercizio del meretricio».
La sentenza del tribunale amministrativo naturalmente è una vittoria personale per il sindaco di Roma. «Sono veramente soddisfatto non solo che il Tar del Lazio abbia sancito la piena legittimità dellordinanza anti-prostituzione adottata lo scorso 16 settembre - dice in una nota Gianni Alemanno - ma che abbia riconosciuto i valori posti alla base del nostro provvedimento».
Ordinanza anti-prostituzione, il Tar dà ragione ad Alemanno
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