Politica

Ore 15: resa dei conti in Alleanza nazionale

L’ira di Buontempo: «Basta! Meglio la separazione consensuale che il pantano delle beghe tra dirigenti»

Francesco Kamel

da Roma

Ruggisce Teodoro Buontempo detto er pecora mentre attraversa il Transatlantico: «Basta! Bisogna finirla con quanti ci vogliono portare al partito unico con Forza Italia. Se proprio ci tengono si accomodino, meglio arrivare ad una separazione consensuale che rimanere impantanati in incomprensibili beghe interne tra colonnelli. È in gioco l’estenza di un partito di destra». Il mal di pancia di un dirigente storico come Buontempo è indicativo. Perchè nell’ultima battaglia congressuale il deputato romano era schierato con Destra protagonista, adesso invece guarda con simpatia a Gianni Alemanno e alle sue dimissioni, che hanno segnato l’inizio del big bang nel partito.
La crisi di Alleanza nazionale vive oggi un primo significativo momento di verifica. Nell’ufficio di presidenza convocato per le 15 in via della Scrofa, i vertici del partito sono chiamati a chiarire la situazione interna. Per la prima volta Fini deve tener testa ad una sollevazione trasversale delle varie anime del partito. Negli ultimi anni la Destra sociale aveva dato battaglia, ma il malcontento ha avvicinato tra loro, e allontanato dal leader, sia pure con motivazioni e sfumature diverse, anche i fedelissimi Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa, Gianfranco Matteoli e Adolfo Urso.
I «colonnelli» (e per la verità gran parte dei quadri del partito) non hanno digerito il solitario decisionismo di Fini sulla fecondazione assistita. Adesso bisogna trovare un nuovo equilibrio, come dice Gasparri «senza più deleghe in bianco»: Sarà davvero possibile?
Quel che appare chiaro è che dopo due giorni di polemiche ed incomprensioni, con un giro di colloqui Fini ha ripreso in mano la situazione per cercare di «pesare» i differenti gradi di opposizione interna del partito per capire se c’è qualcuno che vuole andare fino in fondo e mettere in discussione la sua leadership. Subito dopo il referendum Fini ha avvertito tutti: «Io non mi dimetto». Ieri ha incontrato separatamente alla Farnesina tutti i «colonnelli». Dopo i faccia a faccia di ieri, il tasso di polemica dentro An si è apparentemente smorzato in attesa del vertice tra i dirigenti del partito per ricucire lo strappo.
«Mi dispiace che si sia dimesso, spero che Alemanno chiarisca che cosa vuole raggiungere con le sue dimissioni e rientri», ha commentato il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli. «Fini - ha dichiarato Maurizio Gasparri - deve abituarsi a discutere di più con noi, dobbiamo parlarci di più per sbagliarci di meno». Anche Francesco Storace ha dimostrato una posizione più morbida: «Le dimissioni del ministro Alemanno le considero educative, ma questo non significa che bisogna aprire una disfida. Adesso sta a Fini e Alemanno, con quello che rappresentano entrambi, trovare una strada che consenta al partito di ripercorrere un percorso unitario». Ma Storace ha anche mandato un importante messaggio alla base cattolica del partito: «La legge 194 non si tocca, ma una commissione ministeriale è già al lavoro per garantirne la giusta attuazione e per poter capire quanto e come è stata attuata». In fondo un messaggio trasversale a Fini sulla volontà di ricucire con Ruini.
Quel che è certo è che in una situazione del genere, l'ufficio politico di An con difficoltà prenderà una posizione chiara e definitiva sull'invito a vasto raggio che Silvio Berlusconi ha rivolto alla Cdl e ai moderati del centrosinistra per realizzare insieme un partito unitario, con un proprio gruppo parlamentare, pur presentandosi alle elezioni politiche del 2006 ognuno con il proprio simbolo.
A livello di quadri locali, in An sembrano più disponibili di un tempo. «Il Partito nuovo è lo sbocco naturale per il futuro del centrodestra» ha detto ieri il capogruppo nel consiglio comunale di Roma Sergio Marchi.

Farlo con l’accordo di tutti, a cominciare da Buontempo, non sarà facile.

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