Orgia di intercettazioni. Ma sono inutili

Giallo di Gradoli. Agli atti le intercettazioni telefoniche fra gli amanti diabolici e i genitori del principale accusato. «In paese è scoppiato il casino», commenta stizzito per i titoli sui giornali e la presenza delle telecamere Paolo Esposito, l’elettricista accusato di aver ucciso Tatiana Ceoban, 36 anni, e la figliastra Elena, 13 anni, assieme alla sorella della compagna, zia della ragazzina, Ala Ceoban.
Quattro le telefonate, due per parte, trascritte e messe agli atti dalla Corte d’Assise nel processo contro Paolo e Ala, alla sbarra per duplice delitto aggravato e occultamento di cadavere, e il primo anche per detenzione di materiale pedopornografico. Le richieste sono state avanzate dall’avvocato Luigi Sini, difensore di parte civile, e da Pierfrancesco Bruno, legale di Ala. Per il primo sono la prova certa che i due imputati sapevano di essere ascoltati, tanto da depistare gli inquirenti, per l’altro la prova della loro innocenza.
L’avvocato Bruno chiama in causa due conversazioni intercettate dai carabinieri il 12 giugno alle 21.45 e il 17 giugno 2009 alle 22.40. Paolo e Ala parlano e commentano la scomparsa delle due donne. Strano il fatto che in tutte le telefonate, comprese quelle non ancora trascritte, i due non parlano mai del pomeriggio del 30 maggio, quando Tania ed Elena sono rientrate in casa, alle Cannicelle. Paolo, invece, si dice convinto che a organizzare la fuga siano state Tatiana e la madre Elena Nikyfor. Chiede ad Ala di chiamare in Moldavia per cercarle. Insomma, fanno i vaghi? Di contro nell’intercettazione del 17 giugno alle 9.56 fra Paolo e la madre Maria, e in quella del 1 luglio, fra Ala e gli Esposito, è chiaro che tutti sanno di essere intercettati. Enrico Esposito: «Vedi che non si può parlare al telefono». Ala: «Certo, guarda che roba hanno fatto». E.: «Hai capito? Non si può più dire non si può più parlare, al telefono siamo tutti controllati (…)». Prima dell’arresto di Paolo e Ala, ore 21.45 del 12/6/2009. Ala: «Pronto?»; Paolo: «Chiama quell’amico tuo, quel tizio che si dava da fare per tuo fratello»; A: «Sì»; P.: «E digli se po’ vedé... se può capire se c’è Tania»; A: «Quello in Ucraina?»; P.: «Sì, se può fa qualche ricerca senza far casino, senza far niente»; A: «Va bene»; P.: «Pigli… una scheda di quelle lì che... come c… se chiamano lì»; A.: «Quelle che si può chiamare... sì?»; P.: «Eh, va in cabina e chiamalo!»; A.: «Sì». P.: «E non sanno più dove attaccarsi»; A.: «Non sanno più che cosa fare eh… poi non capisco che cosa c’entra quel video (fra loro due mentre hanno un rapporto sessuale ndr); P.: «Eh il porno per i minorenni, come si chiama?»; A.: «Eh… pedofilia»; P.: «Gli ho detto ma scusa eh? C’aveva 20 anni, ’no sta la minoranza... il minorenne»; A.: (si mette a ridere); P.

: «Sicuramente me vorranno fa l’intervista pure su quello va bene, tanto ormai oggi i giornali, domani so in televisione, domattina so al telegiornale e mercoledì sto su Chi l'ha visto? Mi rompono li coglioni tu sei indagato qui, tu sei indagato là, ma son venuti li carabinieri hanno fatto la perquisizione a casa, hanno fatto la battuta, non hanno trovato niente, perché mi dovevano arresta’ per cosa?».
yuri9206@libero.it

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