Oriana superstar da Spoleto a Broadway

La grande scrittrice protagonista di film, fiction e rappresentazioni teatrali. Al Festival dei Due Mondi sarà Monica Guerritore a interpretarla. Al cinema forse la Bellucci. A New York un progetto per Lettera a un bambino mai nato

Oriana superstar da Spoleto a Broadway

Non andate a dirglielo, ma uno dei sogni nascosti dei reporter d’assalto - quelli che cercano il Fatto Oggettivo fin sotto le bombe - è di trasformarsi, prima o poi, in pura fiction e di lasciare ai posteri biografie in cinemascope. Per dirla con Oriana Fallaci: «Quando dovrete ricordarmi, niente convegni pallosi dove la gente parla a vanvera».
E quest’anno l’Oriana nazionale sarà accontentata. Dal cinema al teatro, fino alla televisione, si stanno preparando su di lei una serie di appuntamenti tutt’altro che monocordi. Primo in ordine di tempo, c’è Mi chiedete di parlare..., azione scenica in calendario tra l’1 e il 3 luglio nell’ambito del Festival di Spoleto, con interpretazione di Monica Guerritore, drammaturgia e messa in scena della stessa Guerritore con Enrico Zaccheo, il tutto da un’idea della giornalista Emilia Costantini e prodotto dalla Fondazione Corriere della Sera. «Cercheremo di far ri-respirare Oriana Fallaci - ci spiega la Guerritore - in quella notte che fu la sua malattia, in quell’ombra in cui si era rintanata. Raccontano i rari visitatori di una donna sola in una casa tappezzata di cicche di sigarette: immagine ben diversa da quella della scrittrice lancia in resta che attaccava tutti a destra e a manca. Mi chiedo: che cosa era successo davvero a Oriana? Negli ultimi tempi scrisse sul cancro, ma non si lasciò mai vedere. Un coraggio elusivo. Esisteva, di fatto, un’Oriana di cui lei stessa non riuscì mai a parlare, prigioniera forse della prima immagine che di lei conservava il pubblico».
Lo spettacolo a tre personaggi - la Fallaci, un’infermiera ad accudirla e una voce dal pubblico a porle domande in una sorta di intervista impossibile - avrà momenti suggestivi: la protagonista che si toglie la parrucca, mostrando la calvizie provocata dalla malattia («Non è questo che volevate vedere!» è la battuta d’accompagnamento), oppure Oriana che dall’alto di una scala guarda il fumo salire dai pozzi di petrolio iracheni, additandolo come causa del suo cancro ai polmoni, per sentirsi poi chiedere dal buio: «Ma lei quante sigarette fuma al giorno?». Grazie alla viscerale Guerritore, da tutto ciò uscirà certo un ritratto poco agiografico, intimo, ambiguo nel profondo. «E se riuscirò a cogliere Oriana - continua Guerritore - in contraddizione con se stessa, lo spettacolo prenderà allora la forma di un vero omaggio». Tra le cui pieghe potremo osservare il segmento di vita forse più vivace della giornalista: quei primi anni Settanta che divise tra il Vietnam e Scarbourough Fair cantata da Simon & Garfunkel.
Dopo Spoleto dovrebbe arrivare lo sceneggiato televisivo per cui la Rai avrebbe di recente sbloccato i fondi: scritto da Sandro Petraglia e Stefano Rulli sarà una miniserie di due puntate da 90 minuti l’una, coproduzione internazionale con al centro Fandango. Dopo Cannes se ne saprà qualcosa di più, così come del film tratto da Un uomo, di cui la Fandango ha acquisito l'opzione sui diritti di produzione. Intanto, il regista Andrej Wajda (quello di Katyn) vorrebbe nel suo prossimo film la nostra Monica Bellucci come interprete della Fallaci alle prese con un’intervista al leader polacco Lech Walesa.
Qualche news pure sul fonte yankee: gira voce che un giornalista del New Yorker sia caduto in ammirazione per Lettera a un bambino mai nato e che voglia ricavarci qualcosa per Brodway. Di questo libro circola già un’interpretazione audio della stessa autrice, in cofanetto Bur con quattro CD: Oriana si chiuse in studio per tre mesi, scelse le musiche e con puntigliosità attoriale lo recitò tutto. Fu una delle sue pochissime performance di questo genere, tra l’altro molto apprezzata.

D’altronde, la Fallaci amava «di pancia» il mondo di cartapesta del cinema: telefonava a Sophia Loren, litigava con Ingmar Bergman (non riuscirono ad accordarsi per il progetto su Lettera a un bambino mai nato), scambiava lettere con le due muse del regista svedese, Liv Ullmann e Bibi Andersson, e intervistava tutti i grandi divi di Hollywood che le capitavano a tiro. Come fortissimamente voleva, una vita in cinemascope.

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