«Ormai abbiamo toccato il picco le banche centrali si fermeranno»

L’economista Sadun: «L’obiettivo nella Ue è frenare il caro vita senza colpire lo sviluppo»

Guido Mattioni

nostro inviato a Firenze

«La sensazione è che le banche centrali siano arrivate al picco di questa fase di aumenti dei tassi d’interesse». Arrigo Sadun, bolognese di nascita ma statunitense per formazione professionale, rappresenta l’Italia nel board del Fondo monetario internazionale dopo l’esperienza nello staff ministeriale di Giulio Tremonti. Il Giornale lo ha avvicinato all’Aspen Dialogue sull’economia mondiale in corso da ieri a Firenze.
Giovedì la Bce ha annunciato il probabile aumento di un quarto di punto dei tassi d’interesse il prossimo 3 agosto. Pensa che faranno di più?
«Non lo sanno ancora. Quanto alla Fed, ha detto di attendere i dati economici, ma la sensazione è che siano arrivati quasi al picco. E prima vogliono vedere gli effetti di quello che hanno già deciso».
Deciso in precedenza, intende?
«Certo, tenga presente che soprattutto negli Usa ci vogliono circa 16 mesi prima che gli effetti di una decisione sui tassi si ripercuota in concreto sull’economia».
Però la Bce, fissando la data del 3 agosto, ha in un certo senso anticipato i tempi...
«Forse è il segnale di un lieve ottimismo. I dati sulla ripresa in Europa sono relativamente incoraggianti e quindi attendono che la ripresa sia sufficientemente avviata per poi permettersi di restringere la politica monetaria senza far abortire la ripresa».
Trichet ha lasciato trapelare la sua preoccupazione per un surriscaldarsi dell’inflazione. Giusta o eccessiva?
«Ciascuno fa il suo mestiere. E mentre i ministri sono pagati per stimolare l’economia, i banchieri centrali lo sono per prestare molta attenzione all’inflazione. Del resto, negli ultimi tempi qualche segnale in tal senso c’è».
Va detto che la Bce è sempre stata un po’ ossessionata dall’inflazione, mentre la Fed ha guardato di più ad altri dati macro, come al mercato del lavoro o ai consumi. Perché due diverse scuole di pensiero?
«È semplice: il 2% di inflazione in Europa non corrisponde al 2% negli Usa, dove il gap di tolleranza è leggermente maggiore, diciamo del 2,5%, e anche fino al 3%. E questo perché i tassi di sviluppo sono diversi. Un’economia europea che cresce tra l’1,5 e il 2% con un’inflazione al 2% è probabilmente in equilibrio».
Mentre negli Usa?
«Be’, tenga presente che nel primo trimestre di quest’anno la loro crescita è stata di oltre il 5%. Poi l’economia Usa è molto più flessibile e se è necessario fare correzioni, queste vengono fatte, forse in maniera brutale, ma tempestivamente ed efficacemente».
Ma quanto è utile, o piuttosto quanto può essere dannoso, l’intervento delle banche centrali?
«Storicamente le banche centrali vantano un ottimo Crac record (ironizza Sadun, ndr) perché solitamente sono loro a scatenare le recessioni. Negli Stati Uniti succede quando la Fed inasprisce la politica monetaria al punto da “uccidere”, tra virgolette, l’espansione. Questa è la loro “funzione normale”, in cui hanno avuto molto “successo”. In periodi molto lontani ne hanno avuto invece tanto da provocare la Grande Depressione del ’29. In tempi più recenti si sono un tantino moderati, ma hanno mantenuto un buono standard».
Anche quello tra virgolette?
«Certo.

Il problema non è che vogliano condurre l’economia in recessione. È che pensano di non essere ancora arrivati al punto critico, ma se ne accorgono solo quando lo hanno già superato. Allora dicono: “Oops, siamo andati oltre!”. Non c’è da star tranquilli».

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