nostro inviato a Torino
Quando ti guarda dal manifesto pubblicitario studiato per i mondiali ti dice: «En garde». E ti infilza con lo sguardo e con quegli occhi un po orientali. Margherita Granbassi è una mula triestina e il lato estetico tien alto la reputazione delle triestine. È anche una carabiniera, la prima donna sportiva entrata nellArma che, evidentemente, sa scegliere sempre bene, visto che Manuela Arcuri lo è ad honorem. Ma oggi Margherita Granbassi è soprattutto una campionessa del mondo, entra con gran rullare di tamburi delle nostre ragazze doro del fioretto, si fa largo dopo aver fatto a spallate con Valentina Vezzali e Giovanna Trillini ovvero i due monumenti viventi della dame del fioretto nostro.
I mondiali di Torino regalano questo gioiello allo sport italiano: prima, seconda e terza tre azzurre. Mai successo, mai visto, soprattutto mai pensato che questa ragazza di ventisette anni, che vive a Narni, si allena a Terni e studia a Perugia, con un sorriso radioso e talvolta malinconico, potesse infilzare quelle due tigri del cortile di casa nostra. La via delle donne azzurre allo sport è infinita e sempre pronta a sorprendere: senza limiti di età e di orizzonte. Giovanna Trillini ha dimenticato i suoi 36 anni e gli acciacchi, ha scardinato la francese Wulleme con un match da cuore in gola, è arrivata alla porta della finale prima di sentire il peso delletà e di un allenamento non perfetto. In quel momento la Granbassi ha cominciato il suo capolavoro, cuore e testa leggeri per aver raggiunto un posto fra le prime quattro del mondo ed aver sconfitto dubbi e insicurezze. «La stoccata con la Nam, la coreana che ho battuto, mi ha fatto provare lemozione attesa da una vita». Il resto è stato il sogno di una vita.
LItalia femmina del fioretto ieri è stata sontuosa, infilando quattro ragazze fra le prime otto. Poi Elisa Di Francisca, unaltra con il fascino che conquista, ha trovato davanti a sé il muro di Valentina Vezzali tesa, rabbiosa e zoppicante per un problema al ginocchio che laccompagna da tempo. Nel match con la coreana Jung, Valentina si è dovuta fermare per una manciata di minuti per lasciar passare il male e infilare un tutore al ginocchio: serviva per darle tranquillità e sicurezza e riconquistarla al ruolo di primadonna. Valentina, nella semifinale, ha distrutto lungherese Mohamed (15-3), ma poi si è schiantata come un tir contro la scherma elegante e tranquilla della Granbassi. Vale e Marghe hanno lo stesso maestro. In più, la Vezzali ha una classe infinita che ha dimostrato, in pedana, arrivando al 6-6 allo scadere del tempo. Prima del supplementare da un minuto: quello in cui decidere tutto con una stoccata. Il ginocchio ancora una volta ha scricchiolato: il match era sul 5-4 in favore della Vezzali. Quando la campionessa del mondo in carica si è seduta dolorante sulla pedana per qualche attimo, la Granbassi si è seduta accanto a lei, come volesse assisterla. Fair play, come quello che ha convinto le due a presentarsi alla finale stringendo insieme la bandiera italiana. Non solo, ha raccontato la Granbassi: «Mi sono rotta il ginocchio nel 2001. Purtroppo di queste cose me ne intendo. Mi sarebbe spiaciuto vedere finir male Valentina». Ma poi, quando le due si sono giocate il titolo con il colpo da roulette russa, il destino ha sorriso alla nuova stella. E la Vezzali non ha sopportato. Lo ha dimostrato durante la premiazione: seria e indispettita quanto una diva. Lo ha fatto intendere con complimenti un po troppo sforzati. «Oh certo, ha tirato benissimo. Si è presa quel che si merita. Sarà latleta da battere da qui a Pechino». Detto con un sorrisino negli occhi, con la luce di una regina che non accetta le sconfitte. E con un minino di autocritica. «Quando uno perde è colpa della testa. E per me il secondo è sempre il primo degli sconfitti».
Invece il viso di Margherita era tutto uno sfavillare. Ricordi, sensazioni e dediche sono stati tuttuno. «Dedicato ai genitori, ai miei due fratelli e a mia sorella, ai carabinieri, al mio sponsor che mi ha dato una marcia in più (Lancia, ndr)», ha detto ammiccando. Eppoi un occhio al passato («Il mondiale dellanno passato mi ha lasciato rabbia e delusione. Avevo vinto la coppa del mondo, credevo di essere pronta a una medaglia»), uno al futuro: «Mi piacerebbe fare giornalismo televisivo». Ed intanto studia Scienza e tecnologia della produzione artistica che ha una certa cuginanza con scienza della comunicazione. Questinverno la sorte ha fatto ancora pollice verso: in dicembre, Margherita si è rotta il legamento della caviglia. Poteva essere il segnale di una persecuzione. Invece no: il mondo è cambiato. «E ieri doveva essere la mia giornata: la tranquillità è stata il segreto della vittoria. Quando mi gioco tutto nel minuto supplementare, non ho fortuna. Invece stavolta mi sono superata due volte». Ed è stata vera gloria.
Nella caduta degli dei mettiamoci anche quella di Aldo Montano, uscito nei sedicesimi con tutta la squadra della sciabola. Contro lucriano Tretiak conduceva 8-2, poi un dolore alla coscia destra lo ha mandato in tilt. Risultato: doppia lesione muscolare al bicipite femorale e mondiali conclusi.
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