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Orrico: «Sono disoccupato, vendo i miei terreni»

I vecchietti di Ancelotti hanno fatto vedere cosa vuol dire avere esperienza

Ricordate Corrado Orrico? Sì, quella specie di stravagante orso bruno che si presentò a Milano per allenare l’Inter? Oggi ha 68 anni e vive con una pensione da operaio e probabilmente non se la passa benissimo. Non sarà colpa di un destino cinico e baro, almeno nel pallone, ma ieri Orrico è tornato a far parlare di sè per una notizia che non ha gran valore, se il protagonista non fosse lui che poteva essere il contraltare milanese di Arrigo Sacchi ed, invece, è diventato l’emblema del più classico usa e getta interista. Si tratti di tecnici o di giocatori.
Il maestro di Volpara (copyright di Gianni Brera) ha deciso di vendere la tenuta con villa acquistata sulle colline vicino a Massa. «Costa troppo, non ho soldi per mantenerla. Ho uno stipendio da operaio, ma da operaio specializzato e questo mi fa essere più in sintonia con il partito che ho sempre votato, fin da ragazzo», ha raccontato il nostro, che non si è mai negato quel tocco in più che, spesso, l’ha tramandato alla storia nel far sorridere. Un giorno disse: «È più facile che crolli il Duomo di Milano piuttosto che veder l’Inter eliminata in coppa». Ed infatti l’Inter uscì ai trentaduesimi di coppa Uefa: 0-0 a San Siro contro il Boavista, dopo la sconfitta in Portogallo. Quando Pellegrini gli negò l’acquisto di Di Canio («Non me ne hanno parlato bene!», disse il presidente), lui rispose per le rime: «I bravi ragazzi facciamoli sposare alle figlie. Meglio i duri. I chierichetti non servono». A modo suo aveva ragione. Anche se Kakà e qualche altro lo hanno smentito.
Il pallone ha smentito Orrico più di una volta. Fors’anche per tale ragione oggi si definisce: allenatore disoccupato. Occupazione che lo ha visto spesso protagonista: ha allenato una dozzina di squadre (ultima la Carrarese). Ma con esiti spesso insoddisfacenti, per lui e per gli altri. Per il portafoglio non si sa, visto che le dimissioni sono state tante, compresa quella dall’Inter.
Orrico arrivò a Milano per sostituire Trapattoni. Era la stagione ’91-92. Aveva appena concluso una annata trionfale con la Lucchese. Decise di portar con sé tale Montanari, un giocatore che avrebbe illuminato la sua filosofia calcistica predicante gioco a zona e qualche altra amenità. Ma dopo 17 partite e l’eliminazione in coppa Uefa, il tecnico era bruciato e l’uomo non resse. Se ne andò, lasciando all’Inter la gabbia d’allenamento che ne identificò il passaggio.

Oggi Orrico legge molto, continua a ciondolare fra coerenza e presunzione, fa il coltivatore diretto e il pensionato. Lui, che nei 100 anni che l’Inter si appresta a celebrare, era entrato come rivoluzionario. E ne è uscito come un visionario. Ma il tempo gli ha regalato buona compagnia.

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