«Invia» o «Ricevi»? Questo è il problema. I novelli Shakespeare dell’email il dubbio amletico l’hanno risolto schiacciando un unico tasto: quello dell’«Invia/Ricevi» appunto. Una fissazione, questa dell’icona con la letterina e le due freccette contrapposte, che - seconda gli ultimi studi - «colpisce tre persone su quattro». Insomma, tutti noi che per lavoro (la maggioranza) o per piacere (la minoranza) consultiamo periodicamente la posta elettronica. Ma è dietro quel «periodicamente» che si cela la differenza tra una persona «normale» e una «malata».
Secondo un gruppo di esperti del ramo che ieri si sono riuniti a Milano, i «normali» sarebbero quelli che leggono i messaggi non più di tre volte al giorno; mentre i «malati» sarebbero quelli che schiacciano l’«Invia/Ricevi» del computer per l’intero arco della giornata: lì dove per «intero arco della giornata», si intende non solo l’orario lavorativo, ma anche tutto il tempo trascorso a casa o all’aperto. Una non-stop che, nei casi più disperati, si estende perfino alla notte coprendo così le intere 24 ore.
Diciamo subito - per non allarmarci più di tanto - che essere un «email addict» sarà pure «preoccupante» (come giurano gli studiosi di questa nuova «sindrome»), ma è sempre preferibile rispetto a patologie dal nome meno «tecnologico», eppure decisamente più drammatiche. Una cosa è infatti sicura: il virus delle email finora non ha ucciso nessuno; così come non si registrano deceduti per «over-information-aholic» (letteralmente, «ossessionati, dipendenti da sovrainformazione») oppure per «pathological internet use» (i «maniaci del web» per i quali il mouse è diventato una protesi della mano). Definizioni dallo slang altisonante per banali «web-schizzati» che un giorno sono finiti, quasi senza accorgersene, nella rete della Rete. Ad aiutarli c’è però da oggi un decalogo; un test-verità per capire se è il caso di rivolgersi a uno specialista.
Ecco le domande chiave: 1) La consultazione della posta elettronica vi assilla? 2) Schiacciate il tasto «Invia/Ricevi» più di 60 volte al giorno? 3) Nei momenti in cui non lo fate, vi sentite ansioso? 4) Trovare un nuovo messaggio, vi provoca eccitazione? 5) Non trovare nuove email vi provoca frustrazione? 6) Rispondete a tutte le email ricevute? 7) Inviate messaggi di posta elettronica anche al vostro vicino di scrivania? 8) Vi angoscia cestinare i messaggi-spam? 9) Considerate normale inviare o ricevere più di 100 messaggi al giorno? 10) Vi capita di aprire una nuova email senza aver ancora finito di leggere quella precedente?
Se avete risposto «sì» a più della metà delle domande, rischiate di entrare nella famiglia degli «email addiction». Le loro storie spesso hanno in comune un particolare: una misteriosa scatola nera appoggiata ai piedi del letto. Un pc portatile che la mattina, appena svegli, il «messagginodipendente» avverte l’impulso di accendere prima ancora di avvertire il desiderio di un buon caffè.
È il primo segnale che il piano è ormai inclinato e la biglia scivolerà giù sempre più velocemente. Mentre infatti il computer si sta ricaricando, l’«email slave» (lo «schiavo della posta elettronica») trova appena il tempo per lavarsi la faccia per poi fiondarsi a premere il fatidico pulsantino «Invia/Ricevi»; un rito che, da quel momento, si ripete per tutto il giorno con una frequenza variabile da caso a caso, fino a raggiungere livelli parossistici. Con tanto di crisi di astinenza, così come accade con i drogati.
In Italia ogni anno vengono inviati non meno di 600 milioni di messaggi di posta elettronica (nel 2002 erano meno di 150 milioni), in Europa siamo a quota 5 miliardi e mezzo mentre nel mondo la stima è di 45 miliardi; nel nostro Paese il 90% di chi usa internet invia e riceve email (70 sono mediamente i messaggi ricevuti ogni giorno) occupando per attività circa due ore al giorno.
Che si tratti di email lavorative o personali, anche gli italiani sono entrati in un’orbita maniacale: «Almeno tre su quattro di quelli che usano un computer soffrono di dipendenza da messaggi elettronici e il 75% di loro ammette di non poterne fare a meno, temendo l'“intossicazione”» è il verdetto di un recente studio condotto su un campione di mille manager italiani del settore informatico.
«È un fenomeno preoccupante che aumenta di anno in anno - hanno spiegato gli psicoterapeuti riuniti ieri a Milano -. Curare chi non riesce a staccarsi dalle email non è facile perché la vittima non se ne rende conto. Se non c’è nessuno, un familiare o un amico che riesca ad accorgersene in tempo, il rischio è di imboccare una strada senza uscita». E la conferma viene dagli psichiatri della Casa di cura comasca «Le Betulle», la prima a seguire attraverso il Cestep (Centro per lo studio e la terapia delle psicopatologie) la riabilitazione di questi nuovi bulimici da email: «Chi arriva da noi è etichettabile come “dipendente totale” e scarica (spesso a vuoto) compulsivamente la posta elettronica. Il percorso è lungo e difficile, ma si può guarire».
In caso contrario, provate almeno a seguire i consigli degli esperti tra i quali spicca al punto uno: «Se dovete affrontare questioni spinose con colleghi o clienti, evitate l’email. Usate il telefono o meglio ancora andateci di persona». Poi tornate di corsa alla vostra scrivania. Nel frattempo potrebbero avervi inviato un nuovo messaggino...
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