Ostia, la guerra delle spiagge negate

Bandiera nera agli stabilimenti di Ostia. Puntuali, gli irriducibili di Legambiente fanno capolino sulle spiagge del litorale laziale. E lo fanno improvvisando una conferenza stampa on the road alla Rotonda della Cristoforo Colombo. Non a caso tutto ciò avviene il primo sabato di agosto. E questa volta non si parla di qualità delle acque: sotto accusa, secondo gli attivisti del mare libero, gli accessi agli oltre 17 chilometri di arenile pubblico, demaniale, dato in concessione dal Comune di Roma ai privati secondo bando di gara. Per qualcuno la denuncia di Goletta Verde è la «scoperta dell’acqua calda»: muri, cancelli, recinzioni, tornelli che impediscono, sempre secondo i black block dell’acqua, l’accesso in spiaggia e persino la visibilità del mare.
Vecchia storia quella dell’abbattimento del «lungomuro» della cittadina balneare preferita dai romani. Un falso problema secondo le associazioni di categoria, prima fra tutte l’Assobalneari Roma. «Le regole ci sono e noi tutti le rispettiamo - commenta il presidente nazionale Renato Papagni - sono da ore davanti l’ingresso di uno stabilimento sul lungomare di Levante e non c’è stato un solo utente che ha sollevato questioni. Chiunque, abbonato o no, si presenta davanti l’entrata e accede all’arenile. Non viene bloccato da nessuno. Ne ho parlato anche con i colleghi di Fregene e Santa Marinella, anche loro non hanno registrato alcuna lamentela. Tutta questa storia mi sembra una boutade. Se quanto affermano è realmente accaduto, come mai non è stata presentata alcuna denuncia circostanziata in Capitaneria di Porto?».
Sempre secondo gli ambientalisti noti per la campionatura delle acque italiane, dalla foce del Tevere ai confini con Torvaianica (Pomezia) ben il 94,5 per cento delle strutture in concessione impedirebbe l’accesso gratuito alla battigia. Su 56 stabilimenti «testati» il 17 luglio scorso dai volontari solo tre (quali?) consentirebbero il passaggio dei bagnanti. Eccezione sono le spiagge libere attrezzate con chioschi e servizi: su 18 casi nessun impedimento per stendersi sulla sabbia. «Il mare di Roma - dice il presidente di Legambiente Lazio, Lorenzo Parlati - continua a rimanere inaccessibile, è una situazione inaccettabile. Quasi nessuno degli stabilimenti permette di entrare liberamente e gratuitamente, nessuno permette di fare il bagno, con diversi escamotage a nostro avviso fuorilegge». «Il mare c’è ma non si vede - si legge in un comunicato -. La realtà paradossale è che a Ostia dall’anno scorso non è praticamente cambiato nulla e che per accedere alla spiaggia, o poterla vedere, si deve pagare una “tassa sul mare”, nella forma di abbonamento mensile, biglietto giornaliero, noleggio di lettino o ombrellone».
Legambiente divide il litorale romano in 4 tratti, distinti per tipologia di attività e possibilità di accesso al mare. Nel primo, dal Porto di Roma a Piazza dei Ravennati, lungo 2 chilometri per 16 strutture, accesso negato nel 43 per cento dei casi.

La situazione peggiora nel secondo tratto, dal pontile alla Rotonda: 3,7 chilometri con 16 stabilimenti e un solo chiosco dove gli ingressi negati raggiungerebbero l’88 per cento e nel terzo, lungomare Amerigo Vespucci, 31 stabilimenti su 2700 metri di costa, dove l’accesso libero non esisterebbe e non sarebbe possibile vedere l’arenile. Il quarto, Castelporziano e Capocotta, 7,5 chilometri di costa, è l’isola felice.
yuri9206@libero.it

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