Otto anni fa moriva Marco Pantani. Lo scalatore, vincitore di un giro d'Italia, ultimo italiano a conquistare anche la maglia gialla del Tour De France dai tempi di Felice Gismondi, se ne andava dopo una carriera esaltante, finita stroncata da un'overdose di cocaina, ma molto di più dalla depressione che lo aveva colpito quando aveva dovuto mollare il colpo, fermato da valori di ematocrito troppo alti.
Il troppo clamore aveva fermato la carriera dello scalatore, cosa che non era riuscito a fare neppure l'incidente automobilistico che lo aveva coinvolto mentre preparava il Giro d'Italia del 1995, causandogli danni al ginocchio e costringendolo a ripiegare sul Tour de France. Quel tour che finì in tredicesima posizione, con addosso la maglia bianca, dopo un paio di tappe vinte in rincorsa, quella dell'Alpe d'Huez e quella pirenaica di Guzet Neige.
Un secondo incidente durante il Campionato mondiale, preso in pieno da un fuoristrada che viaggiava sulla sede di gara durante la Milano-Torino. Ma nulla. Una frattura a tibia e perone dopo, col rischio di smettere di correre per sempre, il Pirata era di nuovo in sella.
In sella per arrivare terzo al Tour de France successivo, con la Mercatone Uno, costruita per portare Pantani alla vittoria. Ma la sfortuna di Pantani non era destinata a finire e allora ecco un nuovo incidente, questa volta al Giro d'Italia. Una lacerazione di un centimetro nelle fibre muscolari della coscia sinistra. Un altro stop che però non durò neanche il tempo di un anno. Marco torna in sella vincendo due tappe del Tour, finendo terzo.
Nel 1998 la prima vittoria al Giro d'Italia, in una edizione non facile, dove le tappe sulle sue montagne erano poche. Poi ancora il Tour, al quale si presentò con l'ambizione di vincere e che vinse, battendo Ullrich, primo italiano sul gradino più alto del podio dal 1965.
E poi il 1999. Le speranze puntate di nuovosul Giro. Il primo arrivo in salita aggiudicato, poi la tappa di Oropa. La vittoria che sembrava ormai certa, fino a Madonna di Campiglio, quel 5 giugno in cui vengono resi pubblici i risultati dei controlli sull'atleta, che mostrano un livello di globuli rossi superiore al consentito e lo obbligano a quindici giorni di stop e all'abbandono della gara, seguito da tutta la Mercatone-Uno.
La solitudine. L'allontanamento dal ciclismo, la forte depressione. Prima di un ritorno che non lo riporterà mai allo splendore delle sue prestazioni precedenti. Un Giro a fare da gregario al capitano della sua squadra, Garzelli e un tour condito di polemiche con i suoi avversari, Armstrong su tutti. Un tour nel quale ottiene l'ultima vittoria della sua carriera. Prostrato nel morale, Pantani decide di partecipare al Giro 2001, ma si ritira. Poi partecipa al Giro 2003, che chiude quattordicesimo. Poco prima di entrare in clinica, per curare dipendenza da alcool e depressione.
Il 14 febbraio 2004 Marco viene trovato morto nella stanza del residence di Rimini dove si trova, a causa di un edema dovuto a un'overdose di cocaina. Una morte che lascia sgomenti i fan. E porta a un'autopsia nel quale si esclude che Pantani abbia fatto uso frequente di Epo, accendendo dubbi ed illazioni, riportando il discorso ancora una volta sul doping (o il non doping) e consegnando alla leggenda una figura travagliata ma molto amata dal pubblico.
Otto anni dopo, a ricordarlo ci pensa anche la rete.
Ci pensano gli utenti di Twitter, che lo descrivono come un campione vero, uno in grado di emozionare, forse l'ultimo dei grandi corridori italiani, l'ultimo da amare nonostante tutto. Il pirata, con la bandana gialla sulla testa. Con i suoi scatti eleganti in salita e il pubblico dietro i tornanti. Solo per lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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