Cronache

«Otto mesi di carcere per la famiglia e il prete di Vika» Dura richiesta da parte dell’accusa anche per il parroco di Cogoleto e il sacerdote valdostano che la ospitò

«Otto mesi di carcere per la famiglia e il prete di Vika» Dura richiesta da parte dell’accusa anche per il parroco di Cogoleto e il sacerdote valdostano che la ospitò

Otto mesi di reclusione per aver cercato di non rimandare una bambina di 11 anni nell’orfanotrofio nel quale era stata violentata. Otto mesi per aver tentato di non spezzare il sogno di una bambina di avere finalmente una famiglia che le vuole bene. Otto mesi di reclusione sono stati chiesti dal pm Paola Calleri per i sette imputati del processo per la vicenda di Maria-Vika, la bambina bielorussa affidata ad una coppia di Cogoleto e nascosta per circa un mese per non farla tornare in patria dove, secondo la famiglia affidataria, rischiava di subire abusi nell’orfanotrofio di Vileika.
Le richieste sono state avanzate ieri mattina dal pm Paola Calleri nella fase di conclusione del procedimento. Oltre ai due affidatari Alessandro Giusto e Chiara Bornacin, nella vicenda sono coinvolti Maria Elena Dagnino, madre di Chiara, Maria Bondi, «nonna» paterna, Aldo Giusto, padre di Alessandro, don Danilo Grillo, il parroco del comune di Cogoleto e don Francis Bardelè, responsabile della struttura in Val d’Aosta dove Maria-Vika rimase nascosta per 19 giorni. L’ipotesi di reato è per tutti quella di sottrazione di minore.
La bimba era rimasta nascosta dal 7 al 27 settembre 2006 in un istituto religioso in valle d’Aosta con le due «nonne» e la vicenda, oltre che un caso umano che spaccò in due l’opinione pubblica, assunse i contorni di un caso diplomatico. Il governo di Minsk, a seguito di questa vicenda, minacciò infatti di interrompere i rapporti con l’Italia, di sospendere gli oltre 150 casi di procedimenti adottivi pendenti e di non far più venire i bambini in vacanza terapeutica.

Il tribunale per i Minori di Genova, dopo aver inizialmente riconosciuto la necessità di verificare i gravi fatti denunciati dalla bambina e dopo aver replicato al ministero della Giustizia che chiedeva di rimandare in patria Maria-Vika senza troppe storie, ha assunto una serie di decisioni che hanno reso possibile il blitz notturno dei carabinieri grazie al quale la piccola, in lacrime e disperata, è stata prelevata da un istituto di suore e consegnata nelle mani delle autorità bielorusse.

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