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P3, i pm ora insistono: Verdini e Dell’Utri a processo

La presunta loggia P3 avrebbe tentato di condizionare politicamente Consulta e Csm. Ma quasi sempre invano

P3, i pm ora insistono:  Verdini e Dell’Utri a processo

Roma L’inchiesta romana sulla cosiddetta «P3», ossia la «loggetta» che secondo i pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli tentava (quasi sempre invano, a guardare gli esiti) di «condizionare il funzionamento di organi costituzionali», sfocia in venti richieste di rinvio a giudizio, per 14 delle quali viene contestata l’associazione per delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi, quella sulle associazioni segrete.

La procura capitolina ha chiesto il processo, tra gli altri, per il senatore Marcello Dell’Utri e per il coordinatore del Pdl Denis Verdini (accusati anche di corruzione), per il governatore sardo, Ugo Cappellacci (solo abuso d’ufficio), come anche per la triade al vertice della presunta associazione d’incappucciati, composta, secondo l’accusa, dall’affarista Flavio Carboni, dal tributarista Pasqualino Lombardi e dall’imprenditore Arcangelo Martino. Capaldo e Sabelli vogliono il processo anche per l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, che tramite un’operazione di dossieraggio avrebbe diffamato, in concorso, l’attuale governatore campano Stefano Caldoro, mentre esce dall’inchiesta l’ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, la cui posizione è stata stralciata e si avvia all’archiviazione.
Secondo i due magistrati romani, la presunta organizzazione segreta si sarebbe data da fare per «realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d’ufficio, illecito finanziamento dei partiti, diffamazione e violenza privata», creando allo scopo una «fitta rete di conoscenze» nel mondo della magistratura, in quello politico e in quello imprenditoriale.

Strumento per questo network di rapporti finalizzati ad aiutare i «fini segreti» della loggetta, sarebbe stato il centro studi fondato da Lombardi e i convegni da questo organizzati.
Tra gli episodi contestati, il presunto tentativo andato a vuoto di orientare la decisione della Corte costituzionale sul Lodo Alfano, le pressioni sul Csm per provare a «pilotare» le nomine di incarichi direttivi («i presidenti della Corte d’appello di Milano e Salerno, il procuratore della Repubblica di Isernia e Nocera») verso candidati graditi alla presunta «P3», e il tentativo di far accogliere un ricorso contro l’esclusione dalle elezioni della lista civica di Roberto Formigoni. La richiesta di rinvio a giudizio esamina anche l’episodio del dossieraggio contro Nicola Caldoro, ordito secondo l’accusa per «silurare» il candidato non gradito alla presidenza della regione, e che come detto vede indagati Nicola Cosentino e l’ex assessore campano Ernesto Sica.

Il filone dell’eolico, come detto, vede accusato il governatore Cappellacci, che avrebbe nominato all’agenzia per l’ambiente Ignazio Farris «su istigazione di Carboni e Verdini (...) in concorso con Dell’Utri» e con lo stesso Farris. Obiettivo della presunta organizzazione, spianarsi la strada per ottenere i permessi necessari a realizzare gli impianti per il business delle energie alternative.

Nessuna sorpresa per la decisione della procura di Roma nelle parole di Marco Rocchi, legale di Denis Verdini.

«Per come si sono svolte le indagini fino a oggi una archiviazione sarebbe stata fantascienza», ha commentato l’avvocato del coordinatore del Pdl, rivelando anche che «presto la procura trasmetterà una richiesta di utilizzo di intercettazioni alla Camera per Verdini e al Senato per Dell’Utri, richieste che faranno slittare la prima udienza davanti al gip».

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