Il Parlamento ha messo la freccia. E il caso Papa ha scavalcato il caso Tedesco. Tradotto, vuol dire che Alfonso Papa ha fatto un passo verso il carcere e l’ha fatto pure in fretta perché la Giunta per le autorizzazioni a procedere ha deciso di volata. Il dossier riguardante il senatore del Pd Alberto Tedesco si è invece impantanato in una piazzola d’emergenza, fra tecnicismi procedurali e incertezze politiche. Risultato: sono passati quasi cinque mesi da quando il gip di Bari ha chiesto al Senato l’ok a spedire in cella Tedesco, ma il destino del parlamentare è tuttora in alto mare. Insomma, Papa rischia di ruzzolare in galera, senza se e senza ma, mentre il Parlamento si è impegnato in un’estenuante battaglia per difendere il collega, chiamato in causa per la gestione clientelare della sanità pugliese.
Tedesco è assessore alla Sanità della giunta Vendola fra il 2005 e il 2009. Poi il sistema Puglia viene passato ai raggi x dai magistrati di Bari che aprono indagini a raffica e scoperchiano un pentolone senza fondo: ruberie, tangenti, nomine pilotate nelle Asl. Il nome di Tedesco compare e ricompare nei dossier; il Pd pensa bene di paracadutarlo al Senato e di salvarlo dalle inchieste che vanno avanti. Tedesco prende addirittura uno strapuntino in corsa: un collega viene dirottato al Parlamento europeo e lui si sistema a Palazzo Madama. Ora per eseguire un’eventuale ordinanza di custodia ci vuole il sì dell’Aula. Le voci e le indagini si susseguono, poi la magistratura scopre le carte: è il 23 febbraio 2011. Il Gip di Bari dispone le manette per il senatore accusandolo di corruzione, concussione, frode. Tedesco è considerato, a torto o a ragione, il deus ex machina di un sistema marcio. Lui dice di avere la coscienza a posto, nega ogni responsabilità.
La palla passa alla Giunta e poi all’Aula. A febbraio, tanto per proporre un paragone, l’affaire Papa-P4 incombe, ma è ancora sottotraccia. La vicenda Tedesco, invece, si arriccia come un fregio barocco. Il primo step tocca alla Giunta che deve dare il suo parere all’assemblea di Palazzo Madama. Il Pd è spaccato, malpancisti contro giustizialisti. Il Pdl chiede il no all’arresto, ma tutte le previsioni saltano e a sorpresa, di stretta misura, 10 contro 9, la Giunta dice no alla proposta Pdl. In pratica, - si scusi il bisticcio - il no al no all’arresto va letto come un sì alle manette. Semaforo verde al carcere. Con il centrodestra che semina dubbi, mette in evidenza i limiti dell’indagine, contesta la validità dell’impianto accusatorio. Ma il Pd, cui si accoda la Lega, non vuole dare l’impressione di creare una corsia preferenziale per i propri membri e così sacrifica Tedesco sull’altare dell’egualitarismo.
Ma è un vero sacrificio quello di Tedesco? La questione si complica e si confonde nel momento in cui pareva risolta. Succede infatti che il pericolante senatore peschi il jolly, o meglio ottenga una vittoria sul piano giudiziario. Il Tribunale del Riesame rilegge le carte e cambia lo status di Tedesco: il parlamentare non deve più andare in cella, ma ai domiciliari. La sua situazione diventa così, in aprile, meno pesante e lui segna un punto a suo favore. Quel punto diventa un ostacolo, un masso che blocca l’iter verso un sì o un no alla richiesta fatta dal Gip.
In teoria ora è l’aula che dovrebbe decidere. Ma la parola intanto dovrebbe tornare alla Giunta perché le accuse contro Tedesco sono cambiate. A complicare il quadro c’è un altro ricorso della Procura al Riesame: i Pm chiedono che a Tedesco sia contestata anche l’associazione a delinquere e che per questo reato sia spedito in cella. E non, versione soft, ai domiciliari. Che fare?
Nel dubbio, il percorso si blocca, i garantisti riprendono fiato e lo spirito di casta, quello che non è scattato per Papa, fa il resto. Risultato: tutto bloccato. Tutto immobile. Dopo mesi e mesi e mesi di melina. Di dispute giuridiche e di stilettate politiche. Papa corre verso il carcere, Tedesco è un punto interrogativo.
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