P4, pm senza freni: spiati 4,5 milioni di colloqui La denuncia di Fede: "Bugie e fughe di notizie"

Panorama rivela i numeri del castello accusatorio della procura di Napoli. Il computer di Bisignani grazie a un costoso virus è stato usato come altoparlante per captare pure i respiri. Intercettate 70mila conversazioni. E la polizia tributaria denuncia: "Le spese sono troppe"

P4, pm senza freni: spiati 4,5 milioni di colloqui 
La denuncia di Fede: "Bugie e fughe di notizie"

Più che di intercettazioni si deve parlare di guerra elettro­nica. Per dare l’assalto al pc di Luigi Bisignani la Guardia di fi­nanza ha elaborato una strate­gia da 007: ha inoculato un vi­rus nel computer, un Vaio, del presunto capo della P4 e in que­sto­modo è entrata nelle conver­sazioni del giornalista. Per tre mesi tutto quello che avveniva fra le pareti dello studio di piaz­za Mignanelli 3 a Roma veniva registrato e finiva nei brogliacci dei militari. Nulla è sfuggito al­la caccia: nemmeno uno spillo d’informazione. Le Fiamme gialle hanno raccolto e letto le telefonate, le email, i file. Tutti i messaggi sono stati catturati e decifrati. Per tre mesi il grande orecchio ha captato sussurri e sfoghi, confidenze e sfuriate, proposte e chiacchierate a ruo­ta libera, bla bla noiosissimi e disquisizioni sui massimi siste­mi. Il Vaio che doveva essere il confessionale di Bisignani è di­v­entato un altoparlante punta­to sul backstage della Seconda repubblica. Con molto fumo e poco arrosto, almeno per ora, servito ai magistrati e poi, attra­verso i giornali, all’opinione pubblica. I numeri grandiosi dell’inchiesta sulla P4, scovati da Maurizio Tortorella di Pano­rama , lo confermano.

Panorama, oggi in edicola, dà una cifra riassuntiva da fan­tascienza dello sforzo senza precedenti compiuto dai finan­zieri napoletani: gli elementi raccolti sono 4.415.628. Il tutto fra il 13 dicembre 2010 e il 16 marzo di quest’ anno. Insom­ma, il sistema d’intercettazio­ne del flusso telematico, chia­mato Querela, ha consegnato agli investigatori anche i respiri di Bisignani e dei suoi interlocu­tori. Una radiografia senza pre­cedenti: le indagini tradiziona­li al confronto paiono preisto­ria da museo. Ma la procura di Napoli non si è fatta mancare niente; anche le vecchie, care ci­mici nel telefono hanno dato i loro frutti: da luglio a febbraio, dunque per un periodo più lun­go­di quello sfruttato da Quere­la, i militari hanno ascoltato in cuffia 38mila conversazioni di Bisignani, circa 70mila conteg­giando anche quelle transitate per i cellulari degli altri indaga­ti. Il giornalista è stato seguito e inseguito su una quindicina di utenze diverse. Poi Querela ha completato l’accerchiamento.

Piccolo dettaglio: il cavallo di Troia costa. E il 16 marzo scor­so il comandante del gruppo di polizia tributaria di Napoli Lui­gi Acanfora lo ricorda ai pm, sot­tolineando che da 29 giorni il computer monitorato tace. Per questo Acanfora invita i pm a pesare vantaggi e svantaggi del lavoro alla James Bond: «Valuti­no le signorie vostre l’opportu­nità di cessare le operazioni, considerato l’elevato costo del sistema d’intercettazione tele­fonico ». Ma i pm non hanno tol­to le tende. E l’indagine è anda­ta­avanti battendo record su re­cord.

Quattro milioni e mezzo di conversazioni, naturalmen­t­e nel senso più ampio della pa­rola, sono finite nella rete dei magistrati che il 22 luglio ripro­porranno le loro argomentazio­ni al tribunale del Riesame e chiederanno di nuovo l’arresto di Bisgnani per associazione per delinquere, un reato boc­ciato dal gip. I numeri sono im­ponenti, i risultati, al momen­to, modesti.

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