La pace nel mondo si veste alla moda

Se il bello è anche buono, come dicevano gli antichi greci, perché la moda non può dare il suo contributo alla pace nel mondo? Manuele Malenotti, vicepresidente di un marchio celebre del made in Italy come Belstaff, ne è convinto: e sarà accanto ai Nobel per la pace riuniti al summit di Berlino, che il 9 e 10 novembre celebrerà i vent’anni della caduta del Muro con i suoi protagonisti, Mikhail Gorbaciov e Lech Walesa.
«Abbiamo costituito il Belstaff for Peace Fund, che raccoglierà denaro per le iniziative promosse nel mondo dai premi Nobel per la pace: per il 2010, saranno quindi i progetti sostenuti dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Sarà lui a ricevere il primo prototipo della Peace Jacket, creata per l’occasione, che sarà in vendita in tutto il mondo da gennaio: una parte dei proventi sarà devoluta proprio ai progetti che appoggerà».
E non è un’iniziativa estemporanea: in questo settore, Malenotti ha un curriculum di tutto rispetto. «Abbiamo realizzato progetti a favore delle vittime del Darfur con la fondazione Not on Our Watch di George Clooney, Brad Pitt e Matt Damon. E con i proventi della collezione Free Tibet abbiamo sostenuto la protesta del Dalai Lama e dei monaci tibetani. Mentre con i President Parka del G8, realizzati in collaborazione con il premier Silvio Berlusconi, abbiamo aiutato i terremotati d’Abruzzo. Io ci credo davvero, come imprenditore e come uomo: dobbiamo lanciare un messaggio, ai giovani e anche ai grandi della terra. E in questo la moda offre possibilità irripetibili: parla a tutti, in tutto il mondo e con tutti i canali di comunicazione».
Di media, Malenotti si intende: nipote di un produttore famoso, il cinema è la sua passione, è amico personale di star come Clooney, e le sue creazioni vestono i protagonisti di Hollywood - ma anche della musica,come il rapper Jay Z agli Mtv Awards, ancora a Berlino -nella vita e sullo schermo. Per poi essere replicate nelle vetrine di tutto il mondo, a disposizione di chi vuole vestirsi come Harry Potter, Leonardo Di Caprio in The Aviator o Johnny Depp nei panni, anzi nel giubbotto, del Nemico pubblico Dillinger. «Chi vende moda vende sogni - dice Malenotti -. E replicare lo stile del protagonista del film preferito è un sogno che diventa realtà. Lo sanno bene i grandi stilisti, che hanno da sempre vestito gli attori. Ma noi quei vestiti li mettiamo in vendita, identici a quelli dello schermo: e in questo abbiamo fatto una vera rivoluzione». E a proposito di rivoluzioni, anche Che Guevara, nel suo famoso viaggio in moto attraverso l’America latina, vestiva Belstaff: e la sua giacca, sotto vetro come una reliquia, è custodita nel piccolo museo dove la Belstaff conserva le icone dei suoi 85 anni di storia.

Che è un po’ anche la storia del cinema - da Marlon Brando nel Selvaggio a Steve McQueen nella Grande Fuga, fino a Tom Cruise in Mission impossible - e di conseguenza la storia di tutti noi. A vent’anni dalla caduta del Muro, forse, è giusto che a celebrarlo sia il marchio che del viaggio e del sogno, anche quelli impossibili, ha fatto la chiave del suo successo.

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