Via Padova, anche gli stranieri scappano

Il barista: «Di giorno si vive bene. La notte cambia lo scenario: balordi, alcol, accoltellamenti»

Via Padova, una strada ad alta concentrazione di immigrati dove la vita scorre in apparenza normale, dove basta però un niente per fare esplodere la rabbia come qualche giorno fa, quando alcuni abitanti hanno manifestato ai carabinieri la loro esasperazione. Al grido di «spacciano arrestateli tutti», le forze dell'ordine hanno fermato alcuni stranieri che si sono dimostrati in regola, ma la protesta non si è arrestata. La situazione è davvero così allarmante? Percorriamo l'intera via da cima a fondo, da piazzale Loreto fino a piazza Costantino, circa quattro chilometri sospesi tra esercizi italiani, macellerie islamiche, kebab, call center, fast food, pornoshop, discoteche, ma anche negozi raffinati come la pasticceria nuova di zecca Al Buraq, al civico 26, che vende dolci mediorientali; o la panetteria Araysh al civico 3, gestita dal signor Tourky: per lui l'integrazione è un dato di fatto e lo dimostra la gente di tutte le etnie in coda.
In giro però non c'è molta voglia di parlare, chi lo fa spesso chiede l'anonimato. Chiediamo agli italiani e agli immigrati cosa pensano di questa via dove da un momento all'altro ci si aspetta che scoppino episodi di intolleranza. Qualcuno la definisce una zona simile al Bronx, per altri è un'Islam Town in espansione, per altri ancora si tratta di un'area che con un intervento del Comune potrebbe migliorare. Ogni testa un piccolo mondo. «Mettiamola così: di giorno tutti vanno più o meno d'accordo - sostiene un barista che ha aperto da poco -. Chi si lamenta di più sono gli anziani o le mamme, chiedono più controllo. Di notte lo scenario cambia: balordi, droghe, alcol, accoltellamenti, regolamenti di conti».
Al civico 23, la titolare del Vitamine Store è quasi sorpresa dalla domanda: «Nessuno mi ha mai dato fastidio». Non la pensa così Patrizia, coordinatrice di un ufficio immobiliare pochi metri più in là: «La sera mi faccio sempre accompagnare - racconta -. Una volta mi hanno seguita e da allora non mi azzardo più a uscire da sola. Il mercato immobiliare in questa zona è fermo, gli italiani non comperano case, ma le vera notizia è che gli stessi immigrati vogliono andarsene da qui, lontano dai connazionali che delinquono».
In effetti, i portoni dei palazzi, lungo tutta la via sono costellati da «Vendesi» e «Affittasi». Non proferisce verbo la coppia cinese del bazar Ming Da e non parlano nemmeno i commessi delle macelleria islamiche Adamo, una mini catena in stile McDonald che si affaccia più volte lungo la strada. Solo Maria, ecuadoriana che dà il cambio a un'amica in edicola rivela «che sono tutti bravi e simpatici, italiani e non, tranne qualcuno che ogni tanto alza un po' il gomito».
Intorno ai civici 270-280, sopravvivono le botteghe italiane, un ferramenta e un vecchio calzolaio. «I nuovi esercizi spuntano come funghi - dice amara un'anziana -. Mi chiedo dove trovino i soldi per gli affitti. Lavorano sempre, niente ferie e sindacati. Sfido io che non conoscono crisi economica». Meno allarmistici i toni del dottor Guido Frigerio, titolare della Farmacia al Ponte in piazza Costantino, dove via Padova incontra la Martesana: «Non si può parlare di una sola via Padova - sostiene -.

Nel tratto che parte da piazzale Loreto fino al cavalcavia della ferrovia il fenomeno è più esteso. Qui i palazzi abitatati dagli immigrati sono pochi, tre o quattro al massimo, e non sono stati messi a norma. Se il comune intervenisse per impedire il degrado, il fenomeno dell’illegalità si arresterebbe».

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