Sul fumante campo di battaglia del Senato, dove ancora si aggirano smarriti e attoniti feriti e fantasmi, ha fatto irruzione Luca Cordero di Montezemolo con le sue dichiarazioni al forum della piccola industria. E da quel palco botte da orbi per lintero sistema politico, oltre che per i governi degli ultimi dodici anni. E cioè Prodi, DAlema, Amato, Berlusconi e ancora Prodi. Qualcuno potrebbe pensare che finalmente sia giunto un Saint-Just, o più modestamente uno Zorro, per difendere il Paese. E commetterebbe un errore. Questo sistema politico, imperniato su un bipolarismo straccione che fa vincere e difficilmente fa governare, è stato voluto da quellintreccio finanza-informazione che da quindici anni crea mostri, per poi distruggerli.
Di quellintreccio Montezemolo è il figlio più bello. Chi è che ha voluto, e sostenuto con i giornali di cui è azionista, il sistema maggioritario, il premio di maggioranza, labolizione delle preferenze e, in questo quadro, il centrosinistra? Luca Cordero di Montezemolo e i suoi cari. Sempre e dovunque. Si può anche cambiare idea, naturalmente, ma lattuale presidente di Confindustria, peraltro reduce da un accordo col governo Prodi sul welfare e sulla riforma delle pensioni che sottrae allo sviluppo 10 miliardi di euro, prima di sparare alzo zero dovrebbe pubblicamente pentirsi. Diversamente, è poco credibile. Detto questo, però, non cè dubbio che il Paese sia bloccato. Da un lato si dice giustamente «al voto, al voto» e dallaltro campeggia il motto di Francesco Saverio Borrelli «resistere, resistere, resistere». E intanto, le piazze si riempiono di folle uguali e contrarie. In questa confusione campeggia la questione della legge elettorale. Chi vuole il sistema tedesco, chi lo spagnolo, chi quello francese e tutti evitano accuratamente di parlare del cuore del problema, e cioè di quale sia il luogo dove si possano costruire le alleanze di governo. In ogni democrazia non presidenziale questo luogo è il Parlamento, nel quale le forze politiche, dopo una campagna elettorale in cui chiedono voti spiegando le proprie scelte preferenziali, si misurano proprio con le indicazioni del popolo sovrano. E su quelle indicazioni costruiscono governi stabili ed autorevoli. Chi, come Veltroni, Prodi e alcune grandi testate giornalistiche, chiede a gran voce che siano invece gli elettori, e non il Parlamento, a indicare la guida del governo dovrebbero trovare il coraggio civile di sostenere un sistema presidenziale, lunico modello in cui il popolo sceglie direttamente il capo dellesecutivo, restando un sistema democratico, come ci dimostrano Paesi come la Francia e gli Stati Uniti.
E invece emerge la via italiana, fatta di contraddizione e di pressappochismo. No al sistema presidenziale, no alla democrazia parlamentare, sì a un ibrido pasticcio in cui le alleanze si fanno in cabina elettorale, mescolando un po di parlamentarismo e un po di presidenzialismo, ed eliminando, con labolizione del voto di preferenza, ogni selezione della classe dirigente. Questi sono i nodi irrisolti che da quindici anni stanno producendo immense macerie politiche. Di tutto ciò il neonato Partito democratico non ha parlato alla sua assemblea costituente di Milano, dove non ci sembra sia stato «costituito» alcunché. Né organi politici, né regole, né programmi e men che meno un profilo identitario, come richiederebbe pure un grande partito. Anzi, sembra che vengano cancellati addirittura gli iscritti, secondo una pericolosa visione peronista e autoritaria. E intanto, allorizzonte, si staglia lipotesi di un «governo dei migliori» guidato da Mario Draghi che, se mai nascesse, sarebbe bollato a sangue perché figlio dei peggiori poteri, come avrebbe detto quel grande liberale che fu Benedetto Croce.
Geronimo
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.