A pagare di più sono i «piccoli»

La crisi ha colpito soprattutto loro: gli artigiani, i liberi professionisti, i lavoratori a termine o le aziende con meno di dieci dipendenti che avevano solo un paio di grandi clienti e si sono trovate improvvisamente senza commesse. A Sassuolo (la “capitale” del distretto ceramico che si estende fra le province di Modena e Reggio Emilia, un’area molto specializzata che rappresenta il cuore produttivo e strategico dell’industria ceramica italiana, settore di riferimento a livello mondiale per il comparto) come nel resto d’Italia.
Sono tanti, tantissimi i piccoli, ma non fanno notizia; perché cento consulenti a spasso non pesano come cento licenziati di un'azienda nota. Ma sono sempre cento nuclei familiari che soffrono e non vedono ancora la luce in fondo al tunnel.
Quando la recessione ha iniziato a colpire, nell'autunno scorso, le imprese hanno reagito tagliando gli appalti esterni, riportando in azienda mansioni che nei tempi d'oro venivano facilmente affidate a terzi e non rinnovando i contratti dei precari. L'onda ha colpito tutti: operai, impiegati, ma anche molti liberi professionisti altamente qualificati, come gli architetti. I tempi dei pagamenti si sono allungati, fino a superare i novanta giorni. E se le aziende non investono, non arrivano nuovi contratti per quanto bravi si possa essere.
Il problema è stato ampliato dal crollo dell'edilizia. Per anni le aziende hanno concesso mutui con eccessiva facilità, addirittura al 120%. Molti si sono improvvisati impresari edili: costruivi per rivendere o affittare. Un giochetto facile facile. E sicuro, dicevano. Ma poi con la crisi, nessuno ha comprato e tanti sono falliti. Le banche hanno confiscato e venduto, facendo scendere i prezzi.

È scoppiata la mini bolla dei «subprime all’italiana» (prestiti concessi a un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato), che ha bloccato il settore edile, diffondendo povertà e disoccupazione. Tra i piccoli, tanto per cambiare.
MF

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