«Senza una vera riforma federale lItalia cola a picco. Anzi, oggi è già tecnicamente fallita». Il candidato giusto per Milano? «Uno solo, Umberto Bossi». Ma se non dovesse essere lui, il «vecchio Paglia» è pronto a ributtarsi nella mischia. «Sì, quelli di Lombardia autonoma mi hanno chiesto se voglio fare il sindaco. Però adesso non ho tempo. Devo prendere la moto e andare davanti a una scuola. Stiamo raccogliendo le firme per i referendum». Quelli per la mobilità e laria pulita sponsorizzati dal verde Enrico Fedrighini, dallex assessore della Moratti Edoardo Croci e dal radicale Marco Cappato. Lombardia autonoma, invece, è il movimento indipendentista presieduto da Roberto Bernardelli, vecchia conoscenza della politica milanese che ha già fatto appendere ai pilastri dellilluminazione i gonfaloni per la campagna elettorale. Annunciando per fine ottobre un convegno allHotel dei Cavalieri per cantargliele «allormai annacquato Carroccio».
E Giancarlo Pagliarini, commercialista, docente, per anni figura di spicco della Lega e ministro fino al divorzio da Bossi con lettera pubblica, è di nuovo pronto a metterci la faccia. Come nel sito internet dove spiega il perché di unAssociazione per la riforma federale e mette in rete il suo decalogo, «i dieci punti che ho elaborato con altri amici nel 1991 nella vecchia sede della Lega in Piazza Massari e che da allora diffondo e discuto in migliaia di incontri in giro per lItalia». Ma il federalismo non è arrivato? «La legge è buona, ma è il nome che è sbagliato. Lì di federalismo non cè proprio nulla». E cosa vorrebbe lei? «Voglio degli enti federati con sovranità irrevocabili». E, invece, in questa legge? «In questa legge si ripete per 44 volte la parola perequazione. Vuol dire che dobbiamo essere tutti uguali. E allora non si parli di federalismo, ma di repubblica sovietica italiana». Esagerato. E il vero federalismo come si coniuga? «Guardate la Svizzera, bastano tre premesse. Noi siamo diversi, vogliamo vivere insieme, ma nella nostra diversità».
Pagliarini: «Mi candido. Se non cè Bossi»
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