Aleksandar «Sasha» Djordjevic è sempre stato il classico allenatore in campo. Rapido nel capire levoluzione del gioco, leader nello spronare e aiutare i compagni. Appese le scarpette al chiodo dopo una carriera eccezionale, si è seduto sulla panchina dellArmani Jeans nel gennaio scorso. Mettendosi, ancora una volta, in gioco.
Una carriera nuova, scelta dopo meno di 24 ore di riflessione...
«Proprio così, un passaggio brusco da un giorno allaltro. Anche se quando giocavo mi sono sempre interessato alla tattica, cercando sempre di imparare dai miei allenatori. E oggi eccomi qua, in panchina... ».
Nella stagione scorsa sei arrivato a campionato già inoltrato. Questanno, invece, sei qui dallinizio. Cambia qualcosa?
«Certo. Si può lavorare meglio sugli schemi di gioco, fare gruppo sin dalla preparazione, creare aspettative e ambizioni importanti. E poi mettere subito in chiaro le regole comportamentali».
La campagna acquisti ha portato qualche volto nuovo. Soddisfatto?
«Sì, abbiamo un ottimo gruppo. I nuovi arrivati sono elementi importanti, ricchi di classe. Garris, Tusek, Watson, Gallinari... ».
Gallinari. Dicono sia già un fenomeno...
«Andiamoci piano. Deve lavorare tanto insieme ai compagni. È un ragazzo molto educato, con la testa sulle spalle. In più, ha un talento incredibile per i suoi 18 anni. Ma lui sa che bisogna dimostrare tutto in campo. Poi si vedrà».
Hai già in mente un quintetto base?
«Non esiste una formazione titolare. Siamo un gruppo, le scelte premiano chi è più in forma o chi si allena meglio durante la settimana. Lorganico, poi, mi permette di variare molto le soluzioni, a seconda delle necessità. Abbiamo tante rotazioni, come si dice in gergo».
Chi temi di più fra le altre squadre?
«Le solite. Treviso, Siena, Bologna, Roma... Sarà un campionato molto equilibrato, come quello della scorsa annata».
Lobiettivo dellArmani Jeans è...
«Creare e sentire il campo di casa. Cioè diventare una piazza forte, oltre che una squadra competitiva. Vorrei che il nostro palazzetto fosse una bolgia per gli avversari.
Unultima domanda: nostalgia del parquet?
«Eh, ogni tanto ne ho. Sapevo che avrei smesso a 38 anni e sono orgoglioso del mio passato. Però confesso che qualche tiro a canestro me lo concedo ancora».
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