Palermo, blitz anti-mafia In carcere la cosca in affari con Cosa Nostra negli Usa

Con le intercettazioni compiuti 14 arresti. Smantellata la famiglia Boccadifalco-Passo di Rigano, legata al boss Lo Piccolo. Contatti con i padrini della mafia negli Stati Uniti

Palermo, blitz anti-mafia 
In carcere la cosca in affari 
con Cosa Nostra negli Usa

Palermo - Blitz anti-mafia all'alba. La polizia ha eseguito una serie di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di appartenenti al mandamento mafioso palermitano di "Boccadifalco-Passo di Rigano". L’operazione è coordinata dal pm della dda di Palermo Maurizio De Lucia. Il blitz, che ha visto impegnati oltre 100 agenti della squadra mobile, nasce da un’indagine che si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e ambientali e che ha portato alla ricostruzione dell’organigramma del mandamento. Tra gli arrestati ci sono boss, imprenditori ed esattori del pizzo.

Gli arrestati In manette sono finite 14 persone accusate di associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio, illecita intestazione di beni e concorso in associazione mafiosa. Tra gli arrestati Francesco Sirchia, gestore del racket delle estorsioni nel mandamento palermitano di Passo di Rigano-Bocca di Falco, che teneva i contatti tra la cosca e le altre famiglie della zona; Pietro e Matteo La Barbera, che avrebbero riciclato in attività lecite i soldi sporchi della mafia; Calogero Caruso, ritenuto il capo della "famiglia" di Torretta. Secondo gli investigatori, Caruso avrebbe anche mantenuto i rapporti tra i capimafia e il boss palermitano latitante Salvatore Lo Piccolo. In cella sono finiti anche gli imprenditori Francesco Spinelli, che era già agli arresti domiciliari, e Rosario Mignano.

Collegamenti con gli Usa Dall’inchiesta della polizia di Palermo sono emersi stretti rapporti tra le famiglie palermitane, in particolare quella di Torretta, e la mafia americana. In particolare, secondo gli investigatori, a tenere i contatti con le cosche d’Oltreoceano ed a curare i traffici di denaro e droga tra i "padrini" dei due Paesi sarebbe stato un uomo che nelle conversazioni intercettate dagli investigatori veniva chiamato "u Frankie" identificato poi in Frankie Calì, uomo d’onore del clan mafioso dei Gambino e parente dei boss Inzerillo, fuggiti negli Usa dopo la guerra di mafia degli anni Ottanta. In indagini recenti gli inquirenti avevano accertato che il rientro in Sicilia degli Inzerillo, costretti da anni all’emigrazione forzata, sarebbe stato auspicato proprio dal capomafia latitante Salvatore Lo Piccolo, che con la famiglia di Torretta ha stretto una forte alleanza.

Il comune di Torretta Un ampio capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare è dedicato "all’inestricabile groviglio di parentele, amicizie e rapporti coniugali tra amministratori e uomini d’onore". Il Comune, nel 2005, venne sciolto dal ministro dell’Interno proprio per le infiltrazioni mafiose. "I perversi legami - scrivono i magistrati - esistenti sono alla base della capacità dell’organizzazione mafiosa di incidere sull’attività della pubblica amministrazione di Torretta". Citando anche brani della relazione del prefetto, che fornì al Viminale lo spunto per la decisione dello scioglimento, i pm ricostruiscono la "serie incredibile di parentele che legano pubblici amministratori ed impiegati amministrativi del comune di Torretta ai principali esponenti mafiosi del territorio". Come esempio emblematico i magistrati fanno quello dell’ex sindaco Filippo Davì, figlio di Luigi, sorvegliato speciale con precedenti per traffico di droga, cugino di Salvatore Caruso, condannato per mafia, e di Martino Badalamenti, uomo vicino al boss di Partinico Vito Vitale.

Lo Piccolo mancato per un soffio "A lui gli hanno fatto la 'zampata' tre volte. Loro entrano di qua e lui esce di là: se l’è fatta franca così, proprio per miracolo". Così l’ex capomafia di Torretta, Vincenzo Brusca, non sapendo di essere intercettato, racconta ad un amico le fughe del superlatitante palermitano Salvatore Lo Piccolo, ricercato da oltre venti anni. La conversazione è riportata nell’ordinanza di custodia cautelare emessa a carico di 14 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e riciclaggio, e arrestate oggi dalla mobile di Palermo. Secondo gli investigatori, proprio nel territorio controllato da Brusca il padrino, dominus incontrastato dei quartieri occidentali di Palermo, si sarebbe nascosto per molto tempo. "Uno in queste cose non si può tirare indietro" ha detto Brusca quasi a giustificare la sua collaborazione con il boss. Poi, mostrando un vero e proprio terrore di essere intercettato, prosegue guardingo: "Manco il televisore ho qua perché a casa mia ci mettono dentro un apparecchio e sentono la voce di chi parla.

Stanno arrivando peggio dei film, quelli diabolici che fanno in televisione". Dalla conversazione emerge, inoltre, che Lo Piccolo e il figlio Sandro, anche lui latitante, avrebbero dovuto abbandonare i nascondigli della zona perché non più sicuri.

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