Cronaca locale

Accusato di peculato, un altro amministratore giudiziario finisce nei guai

Giuseppe Sanfilippo già condannato in sede civile a restituire 114 mila euro all'azienda che gestiva. Ora dovrà affrontare un processo penale per peculato

Accusato di peculato, un altro amministratore giudiziario finisce nei guai

Un nuovo caso di amministratore giuidiziario in Sicilia a cui viene contestato il reato di peculato. Dopo quello di Maurizio Lipani, il commercialista di Palermo, arrestato dalla Dia di Trapani e che ha confessato di aver sottratto soldi dalle aziende che gestiva in amministrazione giudiziaria, spunta un caso simile. Giuseppe Sanfilippo lo scorso marzo è stato condannato in sede civile a pagare 114 mila. Ora per lui il reato di peculato contestato per circa 10 mila euro. Sanfilippo ha chiesto il rito abbreviato.

La denuncia è stata fatta da Filippo Giarrusso, titolare della "Gieffe Pneumatici", azienda che era stata sequestrata dal tribunale per le misure di prevenzione e poi restituita all'imprenditore insieme ad altri beni al termine di una vicenda giudiziaria lunga dieci anni. I Giarrusso erano accusato di fare affari insieme ai boss di Brancaccio, i fratelli Graviano. Cosa non vera. In sede civile Rosolino Giarrusso, padre di Filippo, ha fatto causa a Sanfilippo contestandogli la mala gestione di una serie di aziende, fra cui la "New Immobiliare".

Il giudice Giovanna Nozzetti, con sentenza depositata lo scorso marzo, ha condannato Sanfilippo a sborsare poco più di 114 mila euro per il danno provocato da alcune inadempienze contabili. L'amministratore dal canto suo ha sempre respinto le accuse. In parte è riuscito a convincere il giudice, visto che la richiesta di risarcimento era molto più pesante. Ma i Giarrusso non si sono arresi, soprattutto visto che alcuni mesi fa il tribunale di Palermo non ha approvato il conto della gestione dei beni presentato da Sanfilippo, muovendo critiche al suo operato. Di fatto si è aperto un nuovo capitolo investigativo sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati ai mafiosi e agli imprenditori accusati di essere in affari con i boss.

Mentre si discuteva in sede civile della questione dei beni di Giarrusso, si è scoperto l'ammanco di quasi 10 mila euro oggetto del processo penale nel quale lo stesso Giarrusso si è costituito parte civile con l'assistenza dell'avvocato Paola Rubino. Prima di chiedere il rinvio a giudizio dell'imputato, il pubblico ministero Maria Tersa Maligno si era visto respingere tre richieste di archiviazione. Il processo ruota attorno alla doppia registrazione della somma riconducibile alla voce "crediti sospesi" e ad un seguente storno di cassa. Il difensore di Sanfilippo, l'avvocato Vincenzo Lo Re, ha detto a LiveSicilia che che lo stesso consulente del pm "non ha escluso in modo assoluto che le differenze del saldo di cassa siano da attribuire ad errori contabili e non ad episodi distrattivi".

Inoltre Filippo Giarrusso "era stato autorizzato a collaborare con l'amministrazione giudiziaria sino a maggio 2007 ed allo stesso erano stati sequestrati assegni di alcuni clienti - prosegue l'avvocato - Pertanto la polizia giudiziaria delegata alle indagini nel relativo procedimento che si è concluso con sentenza di non luogo a procedere emessa nei confronti di Filippo Giarrusso osserva che la reale gestione della Gieffe nel periodo in cui è stato operato il sequestro degli assegni - maggio 2007- era curata dal Giarrusso Filippo e i relativi proventi erano incassati dallo stesso e non dall’amministrazione giudiziaria, come disposto dall'autorità giudiziaria".

Ma Sanfilippo dovrà difendersi dalle accuse di peculato.

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