Palin con McCain per essere la nuova leader repubblicana

Ha diviso l’America, ora vuol riunire i conservatori. Sarah Palin, l’ex candidata vicepresidente degli Stati Uniti al fianco di John McCain, torna alla ribalta percepita come unificatrice del partito. Proprio al fianco di McCain che affronta a novembre una difficile rielezione a senatore Usa in Arizona. A dire il vero, non si tratta esattamente di una prima volta, dato che le tv americane le avevano dato molto spazio quando era uscita la sua autobiografia «Going Rogue». Il 6 febbraio è poi intervenuta come oratore principale alla prima convenzione dei Tea Party, il popolo anti-tasse, a Nashville in Tennessee. Ma questa volta è diverso, come dimostra anche l’enorme copertura che le viene accordata da stampa e tv in queste ore. Appoggiando McCain alle prese con una elezione primaria che potrebbe segnare la fine della sua lunga carriera politica, Palin si presenta come uno dei leader in ascesa del Grand Old Party. È stato scritto che il suo appoggio a McCain, un repubblicano moderato, rischia ora di farle perdere l’elettorato più radicale. Ma non è caduta nella trappola: sin dall’inizio del suo comizio per McCain, Palin ha giocato la carta dei Tea Party, per portare all’anziano senatore i voti che potrebbero mancargli. Non si tratta probabilmente di pura filantropia: la Palin punta verosimilmente a ricevere in cambio un appoggio per i voti più moderati, se un giorno ne avrà bisogno. Ieri la pasionaria dell’Alaska era a Searchlight, nel vicino Nevada, a due passi da Las Vegas, a un comizio organizzato proprio dai Tea Party, attirando migliaia di persone.

Searchlight è la città natale di un altro senatore sempre più in bilico, Harry Reid, il capogruppo dei Democratici a Capitol Hill, diventato la bestia nera dei cosiddetti «fiscal conservative» che vedono nella riforma sanitaria appena varata dall’Amministrazione del presidente Barack Obama un pozzo finanziario senza fine. La stampa locale, aspettando fino a 10mila persone, ha presentato la manifestazione come una «mini Woodstock dei conservatori».