Pallone vede rosa: «Ma quali listini, più donne in giunta»

«L’impegno che dobbiamo prendere è quello di garantire una presenza consistente di donne nel governo della Regione, non in lista. Si può addirittura pensare di allargare la quota oltre a quanto è già stabilito dalle norme in vigore ossia portarla oltre il 30 per cento».È laconico l’eurodeputato Alfredo Pallone, vice coordinatore vicario del Pdl nel Lazio, quando spiega che «è necessaria una revisione della legge elettorale ma serve soprattutto abolire il listino, al posto del quale verrà assicurato un premio di maggioranza».
Il tema è caldo. Proprio in questi ultimi giorni alla Pisana sta prendendo forma la revisione della legge elettorale che porterà al voto quasi 5 milioni di cittadini nel Lazio per il rinnovo del parlamentino regionale e quindi per l’elezione del presidente.
Pallone, ci spiega perché «listino» e «quote rosa» per le liste elettorali sarebbero astrazioni politicamente sorpassate?
«Il listino aveva senso quando la legge vietava al presidente eletto di nominare assessore qualcuno che non era stato eletto consigliere, tant’è che nel listino venivamo messi i nomi di coloro che avrebbero anche fatto parte della futura giunta. Ora questo vincolo non c’è più e si possono chiamare anche personalità dall’esterno. Altrettanto non ha senso parlare di “quote rosa”. Bisogna essere in grado di farle eleggere le donne non di candidarle. E comunque si deve incominciare a parlare di donne in politica nominandole laddove il Pdl è già al governo locale. Sarebbe un segnale importante anche per rispondere a quella stessa sinistra che nel parlamento nazionale professa di contestare le liste bloccate e poi nei governi locali difende il listino come sta accadendo in Toscana».
Quest’impegno, secondo lei, dev’essere preso ancor prima di scegliere il candidato del Pdl alla guida del Lazio?
«Sì. Noi dobbiamo impegnarci su questo fronte e lasciare lavorare il presidente Berlusconi sul candidato governatore. L’ultima parola spetta a lui. Non serve affannarsi per farcire la rosa dei nomi. Quelli che circolano sono tutti di alto profilo politico e in grado di far voltare pagina al Lazio perché gli elettori questo vogliono: un cambiamento radicale».
Un cambiamento radicale nel senso di globale o si riferisce a qualche settore in particolare?
«Prima di esprimersi sulle candidature da mettere in lista si deve partire dalla stesura di un codice etico interno per scalzare via il clientelismo che ha alimentato e che è stato alimentato da questa legislatura. Nello specifico parlo del settore sanitario. È qui che alcune clientele hanno fatto da padrone».
Già, è la sanità il nodo cruciale sul quale si combatte per il governo della Regione.
«Le priorità sono sanità, ambiente e mobilità. Ed è su questi temi che il centrodestra si sta mostrando determinato. E sulla sanità il flop è evidente. Sappiamo tutti molto bene che il presidente della Regione Piero Marrazzo non ha fatto nulla per migliorare l’offerta assistenziale. Per tutta la legislatura non è stato capace di presentare la riorganizzazione del piano sanitario con il nuovo assetto della rete ospedaliera e ambulatoriale.

Adesso che ci avviciniamo alla data elettorale dice che non è colpa sua, ma degli altri. Marrazzo è un politico anni Sessanta. Però va detto che da allora la gente è cambiata. La gente del Lazio sa bene che paga tasse più alte del resto della Penisola e in cambio riscuote solo servizi più carenti».

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