PALLONI SGONFIATI

PALLONI SGONFIATI

Per fatto personale. Sono felicissimo di partecipare tutti i martedì sera a Gradinata Sud su Primocanale, un’oasi sportiva di libertà intellettuale, dove si dice quello che si pensa. Dove, magari, a volte si dissente dal conduttore Maurizio Michieli, ma dove lo stesso Michieli non censura una virgola. Dove non ci si chiede cosa penserà la società o cosa diranno i giocatori prima di parlare. Dove si dimostra che, anche parlando di calcio, si può ragionare. A volte, può capitare di sbagliare. Mai di abdicare al vizio della ragione. Anzi, credo che la visione di Gradinata andrebbe consigliata anche a chi non ha mai visto una partita di calcio. È un esercizio educativo che farebbe bene a tutti e in tutti i settori, non solo in quello del calcio.
Nelle ultime settimane, in particolare, stiamo raccontando quella che, per noi, è la fine di uno straordinario ciclo. Persino se, in extremis, dovesse arrivare l’Uefa, quel ciclo è comunque finito. Quello di una Sampdoria che ha raggiunto negli ultimi anni tutti i traguardi che si era prefissata. Quello di una squadra che - guidata da un grande presidente come Duccio Garrone, da un grande amministratore come Beppe Marotta e da un grande allenatore come Walter Alfredo Novellino - è andata molto oltre gli investimenti effettuati e oltre il valore tecnico dei singoli giocatori.
Quel ciclo, come tutte le cose belle, sta finendo. E c’è chi, anche e soprattutto fra i protagonisti del miracolo, dà una mano per farlo finire.
Per esempio, mettersi a fare la guerra al palazzo, dichiarando che non si gioca qua e non si gioca là, per poi giocare regolarmente ovunque, fa perdere credibilità, senza ottenere alcun vantaggio.
Per esempio, fare una campagna acquisti estiva che porta a Genova Iuliano, Colombo e Marchesetti non testimonia sulla genialità calcistica di chi acquista un difensore che non difende, un attaccante che non attacca e un Marchesetti che fa il Marchesetti.
Per esempio, mettere in campo una squadra come gioca come ha giocato la Sampdoria domenica è un’offesa al gioco del calcio. Oltre che a tutti i tifosi e agli abbonati che pagano per vedere spettacoli di questo genere. E non era la prima volta, quest’annno.
Per capire queste cose non serviva un genio, basta masticare un minimo di calcio e di logica. Se le ripetiamo e le urliamo da mesi è perchè vogliamo bene alla Sampdoria (così come ne vogliamo al Genoa e non abbiamo risparmiato nulla ai rossoblù). E crediamo che, se si è arrivati a questo punto, gran parte delle colpe sia di chi non l’ha detto.

Di chi - nella società, nella squadra, nei media - ha continuato a esaltare giocatori indegni della maglia blucerchiata, ad asseverare scuse incredibili, a non criticare uscite assolutamente censurabili.
Se oggi fa più male, i tifosi sanno chi ringraziare. Sanno chi rema contro sul serio. Sanno a chi mandare il conto. Quello che si paga alla fine. Anche alla fine di un ciclo.

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