Parlare di emergenza sanitaria planetaria per il batterio killer «made in Germany» sembra esagerato. Il contagio dell' E.coli rimane circoscritto e stabilizzato nel nord del Paese e tutti i contagiati sono passati di lì.
È vero, la situazione tedesca è drammatica: purtroppo si contano 20 morti, ben milleottocento infettati da curare, ci sono gli ospedali tedeschi che chiedono donazioni di sangue per rinforzare le scorte. Ma è altrettanto drammatica la psicosi collettiva che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa e crea danni economici insostenibili al comparto agricolo. Oltre un cittadino europeo su tre (35 per cento) ha cambiato dieta alimentare ed evita i fruttivendoli come la peste rifiutandosi di acquistare i prodotti «sospetti».
Prima sono stati buttati via quintali di cetrioli nella spazzatura, ora è la volta dell’insalata che viene evitata anche nei ristoranti. Nei nostri negozi si contano più militari dei Nas che clienti. E i produttori sono disperati. Un’intera stagione di lavoro rischia di essere bruciata da supposizioni che vengono puntualmente smentite.
Le verdure sono state accusate troppo rapidamente a danno delle produzioni nazionali di ortofrutta che hanno già subito perdite per 25 milioni di euro. La Coldiretti conta i danni. «L’Italia –dice Sergio Marini - è il principale produttore di frutta e verdura dell’Unione Europea. L’anno scorso abbiamo esportato prodotti per 4,1 miliardi di euro, messi ora a rischio dai ritardi accumulati nell’affrontare l’emergenza». Insomma, l’unico pericolo certo che corre l’Italia è «la perdita economica provocata dalla grande reattività dei consumatori agli allarmi, veri o amplificati». E a questo punto, secondo Marini, «l’Italia deve chiedere i risarcimenti alle competenti autorità europee per i danni economici subiti ingiustamente dai produttori di frutta e verdura nazionali per il crollo dei consumi, provocati dalla diffusione di notizie poi risultate infondate». E a proposito di voci allarmistiche poi smentite, è stato escluso che la festa nel porto di Amburgo sia la fonte di infezione collettiva. Si indaga ora sui clienti di un ristorante molti dei quali risultati infetti ma sono dei tasselli di un’indagine ad ampio spettro. Che colpisce nel mucchio. Non a caso il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ieri ha avvertito: «Se prima o poi ci sarà qualche italiano che è stato nella zona di Amburgo e ha avuto la malattia non ci dovremo stupire. Perché il contagio è circoscritto a una zona, come già avvenuto con altre patologie in passato». Dunque, niente allarmismi se ci scappa il malato. Fino ad ora però l'Italia è immune da contagi. Due casi sospetti a Merano e a Firenze sono risultati negativi al batterio killer ma tutto può succedere visto che gli esperti non sanno ancora quale sia il cibo che fa da veicolo all'E.coli.
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