Panino, ostriche (e pure vino) Ora tutto viaggia su un'Ape

L'ultima tendenza si chiama «Food Truck». Oltre a salamelle e trippa «on the road» anche brand come California Bakery, Grom e chef stellati

Se pensate che lo Street Food sia la moda più gustosa (tra l'altro, quasi sempre) del momento, siete irrimediabilmente out. Sia chiaro, potete fermarvi serenamente al negozio di panzerotti o alla storica friggitoria ma per essere trendy dovete cercare il Food Truck più vicino: per la cronaca, è nata pure l'app - si chiama StreetEat - che permette la geolocalizzaione dei veicoli e quindi fa scegliere il più vicino oppure quello con il menu più interessante o con le recensioni migliori. Ora, i tradizionalisti vi diranno che il food truck esiste da secoli (vedi carretti e carrettini vaganti per le strade cittadine), che le salamelle ingurgitate davanti agli stadi o a notte fonda fanno parte della vita di ogni italiano medio e che i trippai da strada, le gelaterie mobili (e le caldarrosterie con prezzi da Tiffany) sono componente non secondaria della storia patria. Ma qui si tratta di sfizi (quasi) da gourmet e poi c'è la costruzione del food truck, su progetti mirati e spesso costosi: minimo 30mila euro. Si parte da un furgone, un vecchio pulmino da figli dei fiori, un'Ape car, un rimorchio, un mezzo che dir si voglia. Lo si allestisce con frigo, vetrine, macchina del caffè, piastra, cappa, friggitrice, salamandra o pozzetti per il gelato. Si passa alla rifinitura e personalizzazione sulla carrozzeria: modificandola, verniciandola o applicando tanti adesivi secondo il layout grafico più adatto al marchio. Ed ecco pronto un food truck, veicolo speciale per il cibo da strada su cui gli chef itineranti - perfetti sconosciuti o titolati nella ristorazione - scendono in strada con i loro menù. Cibo (in apparenza) poco costoso, etnico o tradizionale, sempre più gourmant. Un fenomeno che, all'ora della pausa pranzo o dello snack pomeridiano, spopola nel mondo: New York, lo sanno tutti, è la capitale dove si trova tutto, ma proprio tutto, di ogni cucina mondiale. Ma adesso dilaga anche in Italia, basti pensare che la torinese Vs veicoli speciali, leader nazionale nell'allestimento di negozi ambulanti, in due anni ha raddoppiato il fatturato. E prevede una crescita significativa del 50% anche per quello in corso. È un fiorire anche di iniziative collettive, a forte impatto promozionale. Da semplice raduno tra amici, lo Streeat Food Truck Festival è diventato un vero tour che a fine 2015 avrà toccato Firenze, Sarzana, Roma, Bologna, Padova e Sesto San Giovanni dove al Carroponte è nato in definitiva il «movimento» e si ha il quadro della situazione. Nel primo passaggio a fine maggio - il secondo si terrà dal 18 al 20 settembre - c'erano 50 «cucine mobili» con ogni cibo pensabile al di là di fritti, hamburger, hot dog e gelati che ovviamente dominano la scena: tartare di chianina, piatti vegani, paste ripiene, kebab di cioccolato, sushi e persino piccola pasticceria per cani. Anche le location non sono male; vedi lo spettacolare Castle Street Food a metà luglio presso il Castello di Bardi o Artisti dello Street Food, ospitata nel relais tre stelle Da Vittorio a Brusaporto. «E artisti lo sono, garantisco - spiega Chicco Cerea, executive chef - riescono spesso a fare piccoli capolavori di gusto, in spazi piccoli». E a proposito di chef, per la gioia dei foodies, sono scesi on the road perfino quelli stellati: Mauro Uliassi con la Uliassistreetgood gang prepara nella sua cucina mobile il già mitico panino di porchetta con porchetta oltre ad ali di pollo piccanti e dolci, trippa del canaparo, spuma di tiramisù, L'Ape Romeo di Cristina Bowerman propone a Roma, in zona Prati, pizza e mortadella artigianale, ciabattina con coppa di testa cotta, panino di pastrami. Come non mancano brand come Grom o California Bakery che cogliendo l'attimo, hanno messo in strada i loro lussuosi Ape Car. Ma in verità, gli appassionati grazie ai social, non sono fissati con i marchi affermati e si scambiano buone informazioni da Bolzano a Trapani: da qui i piccoli cult «indipendenti» che sono presi d'assalto in occasione dei festival. Qualche nome? Pizza e Mortazza (il mezzo è rosa a pois) che nella Capitale è un'istituzione, Mozao (tigelle dolci e salate più lo gnocco fritto), l'Aperitivo (taralli sugna e pepe, cicoli e ricotta, trippa) richiestissimo ai matrimoni importanti, il Bee Different (ostriche ma anche salumi, fritti, hot dog con crauti…), il Torello (tempio della Chinina), l'Ape Scottadito che esalta lo street food marchigiani e ancora Farinel on the road, che offre miasse (sottili e croccanti piadine di mais, tpiche del Piemonte) da farcire con salumi e formaggi. La nuova frontiera? Probabilmente, il vino. Dallo scorso anno, si incontra un Car-à-Vin (bel nome, complimenti) che due giovani professionisti con chiara passione enoica e il giusto tocco vintage, si sono costruiti con tante ore di lavoro.

Il successo di critica e pubblico fa pensare che il domani sia (anche) dei wine truck.

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