Nostro inviato a Parma
E adesso a chi credere? A un prete, estroverso, dagli occhi buoni che sbucano dagli occhiali, il sacerdote degli ultimi da sempre impegnato sulla «strada»? O a una famiglia intera che si stringe attorno a se stessa, un nucleo piegato dal dolore e dall'angoscia ma che si mostra monolitico. Nonostante tutto, a dispetto di tutti. Don Mazzi, in questa storiaccia che sembra non finire mai, era stato chiamato proprio dalla famiglia del bimbo rapito. «Dalla sorella di Paola Pellinghelli, la mamma del piccolo Tommaso», aveva già spiegato lui stesso. «Cercavano conforto, aiuto. Faccio quello che posso, mi sono anche offerto come intermediario coi rapitori». Tre sere fa, a tarda ora, accompagnato da un'autista nella casa di Martorano (quella appunto dei cognati dove gli Onofri hanno trovato rifugio) Don Mazzi aveva trascorso un paio d'ore coi genitori e gli zii del piccino sequestrato. Una sua frase, pubblicata sulla Gazzetta di Parma però ha rovinato tutto: «Ho incontrato entrambi i genitori, anche separatamente. La mamma di Tommy, era in lacrime, distrutta, è quella che mi è sembrata più in crisi. Lui invece era quasi impenetrabile. Lei mi ha confidato di non saper più se credergli...».
Patatrac. Nella mattinata di ieri ecco la famiglia di questo bimbo di cui l'Italia intera attende notizie, allontanare il boxer ringhiante ed aprire il cancello dell'elegante villetta a schiera. I volti dicono tutto, indicando che stavolta la stanchezza ha lasciato il passo alla rabbia. Sono nervosi, provati, spiegano la propria verità davanti alle telecamere. Accanto a loro, in prima fila, lo sguardo blu sempre più glaciale, l'avvocato di famiglia Claudia Pezzoni. Prima ad aprire (per poco) bocca, la madre di Tommy: «Quelle comparse sulla Gazzetta non sono le mie parole». Vicino cè la sorella Patrizia, tocca a lei affondare: «Se don Mazzi vuole pubblicità vada a cercarla altrove». E lui, Paolo, l'uomo grande e grosso dalla barba incolta che tutti guardano diffidenti si limita a prendersela con chi ha parlato della sua croce francescana, quasi ostentata sopra la camicia. «Ne ho cinque, me le ha regalate padre Lorenzo...». Se ne rientrano tutti in casa. Fine delle comunicazioni.
C'è un muro di protezione attorno all'ex direttore del più grosso ufficio postale di Parma che non nega d'aver guardato altre donne oltre alla moglie. Che però continua a proteggerlo: «Adesso basta, si sta esagerando su di lui. Tutto questo putiferio sta distogliendo dal vero obbiettivo dell'indagine. Che è quello di ritrovare il mio bambino», ripete al telefono. C'è un'altra questione che le preme. I diari, più banalmente quelle due agende infarcite di pensieri e sequestrate dagli investigatori. Si leggeva delle sue inquietudini.
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