Roma - La sfigataggine li accomuna, senza dubbio. Ma si può paragonare Pier Luigi Bersani a Fantozzi ragionier Ugo? Lo fa, nel suo immaginario sempre paradossale e negli ultimi tempi un po’ confuso, l’attore Paolo Villaggio, che sta al mitico Fantozzi come mastro Geppetto a Pinocchio. Così da poterne disporre a piacimento, una volta attribuendogli la volontà di voto per la Lega (recente intervista al Riformista), un’altra l’ammirazione indefessa per Berlusconi, «che gli ha dato la televisione gratis e il Milan campione d’Italia».
A ispirargli la similitudine con il leader del Pd, invece, una serie di caratteristiche comuni. «Il Fantozzi della politica italiana - ha detto ieri alla radio - è senz’altro Bersani: nasce come un lecchino ed è di una noia mortale». Inoltre, secondo Villaggio, il segretario del Pd avrebbe dello sfortunato impiegatuccio anche l’aspetto, «molto simile». Eppure, fortuna che ci sia, il Pierlenin Bersani capo del maggior partito d’opposizione. Senza di lui, il cabarettista Crozza sarebbe un po’ più povero e la sinistra un po’ più felice. Regge la baracca come può, senza grandi qualità, ma è anche il meglio che passa quel convento di vanagloriosi privi di gloria. Effettivamente, la forza bersaniana non può definirsi neppure tranquilla: sta del tutto «ferma, immobile» (un po’ com’era Prodi). Per lui l’importante è mandare avanti l’ordinaria amministrazione, la pratica del giorno, e per farlo non ci vuole granché. Un sonnolento timbro, una frase smozzicata della nonna piacentina, due note di contorno, l’incapacità d’inventarsi una soluzione. Una noia mortale, appunto. Che contrasta di sicuro con le fantasie del Bersani persona concreta il quale, proprio come Fantozzi, è pieno di sogni e persino - in privato - divertente.
Ma qui si parla del personaggio pubblico, e dunque dell’apoteosi dell’uomo comune, e in special modo démodé. Non elegante, non oratore, non ideologo, non tattico né stratega. Mai avventato, mai magniloquente, vaso di coccio dedito piuttosto alle piccole furbizie dell’arcitaliano. Lo si vede benissimo, in fondo, nel tinello di casa davanti alla tivù, con frittatona e birretta d’ordinanza. Oppure a cercare di fregare il parcheggio al prossimo, o a menar vanto per successi non suoi. Qui il paragone calza a pennello, allora. Perché in queste elezioni amministrative, PierUgo dovrebbe ricordare quanti trabocchetti sono stati tirati alla corsa trionfale di Giuliano Pisapia, quanto inutile e furbo pressappochismo nel ritenerlo candidato inadatto, quanto peloso contrasto nell’opporgli due - o addirittura tre - candidati alternativi alle primarie. Solo perché il Pd Moloch (qui ci si può immaginare pure l’apparizione di una Trinità nel cielo - come nei film del ragioner Ugo - con i volti imperiosi di D’Alema, Veltroni e Fioroni), ovvero il Partito degli Affari, aveva decretato il Nyet e imposto al fantozziano segretario di far di tutto per bloccare l’avvocato di sinistra. Ci ritroviamo, perché l’operazione miseramente fallisce e PierUgo si ritrova a dover fare la parte di colui che gioisce, pure se la linea politica pidina è stata un disastro.
E che dire dell’altro film girato a Napoli, il «Bersani Ugo alla riscossa», nel quale una struttura di potere ramificata distrugge la città e soltanto alla fine viene chiamato il Bersani Ugo a prendersi le pomodorate di una popolazione inferocita. Difatti le prende, sonori schiaffoni partenopei sul groppone incolpevole di un brav’uomo designato dal perfido segretario (ordini superiori) dopo l’ennesimo pasticcio sulle primare.
Poi succede l’incredibile, il surreale irrompe sulla scena: un Masaniello fa tutta la campagna elettorale contro il Pd, affonda la nomenklatura bassolinian-dalemiana, va al ballottaggio con la destra. Finale a sorpresa: Bersani Ugo geme un «la prego...», contorce le mani, cerca di salire sul carretto vincente leccando le mani dipietriste. Sì, forse ci può stare, Fantozzi non avrebbe fatto di meglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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