Nostro inviato a Denver
Barack Obama, una storia hollywoodiana, quella del figlio di un africano e di una bianca americana che, superando l'odio razziale, riesce a candidarsi per la Casa Bianca. Lui l'ha narrata in un'autobiografia che la rivista Time definì «il miglior memoir di un politico americano» e che il New York Times elogiò perché «descrive la condizione di appartenere a due mondi differenti e di non appartenere a nessuno dei due». Milioni di elettori ne rimasero affascinati. Un libro che si intitola: «I sogni di mio padre. Un racconto sulla razza e l'eredità».
Già, Barack Obama senior: un keniota dal cuore grande e dallo spirito nobile che, grazie a un programma di borse di studio voluto da John Fitzgerald Kennedy poté studiare all'università delle Hawaii, dove, oltre alle conoscenze necessarie per aiutare il proprio Paese, trovò l'amore nella giovane, romantica Stanly Ann Dunham.
Peccato che la storia sia in gran parte inventata o perlomeno generosamente reinterpetata, edulcorata, idealizzata da Barack junior. Sì, suo padre e sua madre si amarono, ma il padre non era esattamente un gentiluomo, come emerge da un libro appena pubblicato negli Usa e già in testa alle classifiche di vendita. Un libro che sta tormentando il candidato democratico. Lo ha scritto Jerome R. Corsi e si intitola «The Obama nation» (La nazione Obama): un pamphlet velenoso che va letto con mille cautele, considerato che l'autore quattro anni fa firmò un libro diffamatorio contro John Kerry, allora rivale di Bush. Ma in certi passaggi convincente, prove alla mano. Uno di questi riguarda proprio Barack senior, un musulmano con pochi sogni e tanti vizi, alquanto terreni: era un poligamo, un arrivista irresponsabile, un alcolizzato.
Nella sua autobiografia, Obama junior omette un dettaglio importante: quando il padre, allora ventitreenne, arrivò negli Usa era già sposato con una diciottenne della sua tribù, Kezia, che lasciò in patria, sebbene fosse incinta, ma da cui non divorziò. Ciò non gli impedì di contrarre un altro matrimonio, con la bianca Ann, da cui nacque Barack junior. Un'unione molto bohémienne, ma complessa e, soprattutto, breve. Dopo una manciata di mesi - l'attuale candidato aveva appena due anni - i due si separarono. «Perché mi abbandonò?», si chiede nel libro Barack junior. C'è una versione romantica «Si lasciarono perché lui decise di ritornare in Africa per onorare la promessa di migliorare il proprio continente - si legge nell'autobiografia -. La madre e il figlio restarono indietro, ma il legame d'amore fu più forte delle distanze». E una pratica: sì, tornò in Kenya, ma prima accettò un'altra borsa di studio ad Harvard. Domanda: perché non portò Ann e il giovane Barack con sé? Risposta ufficiale: per mancanza di fondi; in verità avrebbe potuto beneficiare di un finanziamento della Città di New York anche per la famiglia, ma non se ne avvalse. Insomma, li abbandonò. Ad Harvard incontrò un'altra donna bianca che poi portò in Africa e sposò, senza mai annullare il legame con Kezia, da cui ebbe altri figli. La madre Ann lo considerava «un fottuto bastardo che pensava solo a se stesso».
E Jfk? Obama ama ripetere l'aneddoto della borsa di studio, presentandolo come un segno del destino, un legame simbolico tra suo padre, il grande presidente democratico e lui stesso. Ma in realtà Kennedy non c'entra nulla: quelle borse di studio furono stanziate un anno prima del suo arrivo alla Casa Bianca.
Ma restiamo al padre. Nell'autobiografia Obama junior scrive che le grandi ambizioni paterne furono frustrate dalle lotte tra i clan. In Kenya non riuscì a sfondare per colpa altrui e infine sprofondò nell'alcolismo. La realtà, però, è ancora diversa: in America Barack senior prese l'abitudine di bere, in Kenya non migliorò; anzi. Si ubriacava ogni notte.
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