Papà ostetrico per caso «Ho fatto nascere Irene, ma ora denuncio tutti»

Caro direttore,
da qualche ora sono diventato papà per la seconda volta, ma in questo caso a far nascere la mia seconda figlia sono stato io. Mia moglie si è svegliata all’1.20 dicendo di aver rotto le acque e da quel momento mi sono trovato immerso fino al collo in una situazione che non auguro a nessuno.
Dopo la seconda contrazione la nascitura era pronta a venire alla luce e non c'è stato modo di bloccare il processo: dopo pochi minuti ho dovuto assistere mia moglie per far nascere Irene. Ho fatto tutto quello che c’era da fare: ho tirato fuori la bimba, tagliato il cordone ombelicale, l’ho lavata e nel frattempo ho chiamato il 118. Ed ecco che la mia storia gia anormale di suo diventa un incubo vero e proprio: l'autoambulanza ritarda ad arrivare (diranno in seguito di avere ricevuto un indirizzo sbagliato), la bimba stenta a respirare, diventa tutta nera e freddissima, mia moglie giace in un letto di sangue. Quando finalmente arrivano i soccorsi, caricano solo me con la bimba, senza neanche guardarla e partiamo verso l'ospedale Grassi di Ostia. Alla mia richiesta di prestare soccorso a mia moglie rispondono che arriverà un'altra autoambulanza e che se proprio devono prendere anche lei è sotto la mia responsabilità. Poco dopo, però, decidono di tornare indietro a recuperare anche mia moglie.
Per farla breve arriviamo in ospedale dopo 50 minuti dalla nascita della piccola Irene. Considerate che io abito a 10 minuti, di giorno e non in emergenza, dall'ospedale, a Casal Palocco. Potete solo cercare di immaginare quei momenti, ora sia mia moglie sia la piccola pare stiano bene, ma io non ho potuto fare altro che denunciare i membri dell'autoambulanza ai carabinieri accorsi in ospedale. Ho avuto tanta paura e sono stato solo come se tutto ciò fosse accaduto in chissà quale posto sperduto, e invece è accaduto in un bel quartiere romano, vicino a un ospedale. Inizio ad avere paura di vivere in Italia, ma non per la delinquenza o la mafia ma paura dello Stato italiano che affida la nostra vita a così poca professionalità. Scusate lo sfogo, ma spero che lei, caro direttore, faccia eco a questa brutta storia andata a buon fine.

Faccio eco, eccome se faccio eco. E invito tutti a leggere questa lettera con attenzione. Già trovarsi di fronte a una bimba che nasce in casa, con il solo aiuto del papà, in pieno XXI secolo è piuttosto strano. Proprio l’altro giorno vedevo le statistiche: ormai anche il parto naturale sta diventando una rarità. Dilaga il cesareo. Addirittura in una clinica di Roma 9 parti su 10 avvengono così. Si figuri, allora, quanto mi suonava strano un parto naturale, fra le mura domestiche, con il papà nelle vesti di ostetrico unico. Per altro, dall’alto della mia piccola esperienza di neonatologia, immagino che non sia stato proprio facile come guardare una partita in Tv. Eppure questo è solo l’inizio della vicenda che ci racconta il nostro lettore. Una vicenda che passerà per le aule di giustizia, dopo la sua denuncia, e in cui, dunque, non vogliamo entrare più di tanto. Ma che ci sembrava giusto registrare perché in queste pagine, lo sapete, diamo sempre spazio volentieri ai medici da ringraziare e agli ospedali che funzionano bene. Ma non dobbiamo dimenticare che la malasanità esiste, eccome.

Anche quando, come in questo caso, per fortuna finisce senza vittime da offrire alle pagine di cronaca.

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