Il papà di Renzo: "Io non li perdonerò mai"

La rabbia di Sergio Giacomella, il padre del bimbo di tre anni travolto sulla pista ciclabile di Bormio da una moto-pirata guidata da un 17enne. "Quei due ragazzi hanno ucciso mio figlio e sono scappati: speravano di farla franca". Il dolore del paese: "Tre famiglie distrutte"

Il papà di Renzo: "Io non li perdonerò mai"
Bormio - Arrivano da lontano, pedalando piano in direzione di Bormio, le facce arrossate dall'aria fredda che a metà pomeriggio, dopo essersi fatta un giro sui 3mila del Vallecetta e sulle creste del Reit s'ingolfa nella valle.

Sono in tre, quattro col cagnolino, che si chiama Milo. Fra poco diranno una preghiera davanti al Tigro, ai due orsacchiotti, ai fiori e alle letterine che marcano il ciglio della strada dove sabato è morto il piccolo Renzo Giacomella. Poi andranno avanti ancora un pezzetto, magari fino al ponticello di legno che scavalca il torrente Frodolfo; e Nicola, 5 anni, racconterà ancora di quella volta che all'asilo giocavano al «lupo mangiafrutta», e c'era pure Renzo, che ora «fa l'angioletto nel cielo» e che a tre anni, sulla sua biciclettina, dava già la paga a quelli più grandi di lui. Il padre del bimbo non ha forza né voglia di rimettere i peccati: «Ma quale perdono. Quei due dopo aver investito e ucciso mio figlio sono fuggiti e non si sono presentati in caserma. Speravano di farla franca».

Ermanno Lisignoli, una quarantina d'anni, di Cepina, infermiere all'ospedale di Sondalo. E i suoi due figli: Nicola, appunto, e Veronica, che di anni ne ha sette. Ermanno e i suoi figli ci vengono quasi tutti i giorni, sulla ciclabile. Perché è il posto più sicuro e tranquillo del mondo, «e a parte d'estate, al tempo della fienagione, quando si incrocia qualche trattore, qui si può pedalare sereni».

Poi, una sera, arriva una moto, e a bordo ci sono due disgraziati ingobbiti che pensano di essere dei padreterni perché hanno 125 centimetri cubici che gli rombano sotto le chiappe e hanno preso la ciclabile perché quello dietro non aveva il casco, e il fanale della moto era rotto, e magari i carabinieri, che hanno la paletta facile…

Così, anche se sulla cantonata di un paese qui dietro c'è scritto che «Dio c'è», un bambino di tre anni che era a spasso con la mamma e la sorellina, muore. E i due padreterni, due sfigati di paese, tacciono e non hanno neanche il coraggio di mettersi sull'attenti e dire: «Presente. Sono stato io. Ho sbagliato. Mi dispiace un sacco, davvero».

E per la gente della valle, che abita queste casette linde e ordinate, coi balconi di legno e i gerani a cascata, è come un pugno nello stomaco. Ermanno racconta di questi quattro giorni di sgomento e di dolore, e anche adesso si deve sfilare gli occhiali e asciugarsi due lacrime vere. «Conoscevo il bambino, conosco il padre, conosco Luca Martinelli, il ragazzo di Valdisotto che hanno arrestato. C'è un dolore tremendo, ecco. Per tutti. Ma non me la sento di considerare Luca un criminale. Né lui né quell'altro ragazzino di Bormio. Han già pagato caro, e continueranno a pagare. Già avere sulla coscienza un bambino...».

«Tre famiglie distrutte. Tutta brava gente. E anche quei due ragazzi, che per quelli della tele son già criminali. Sventurati anche loro, altro che banditi», dice il falegname che ha bottega proprio davanti al luogo della disgrazia, e che il nome non lo dà perché con i giornalisti «ho chiuso», e al massimo allunga un biglietto da visita dove si dice che Camillo Magatelli fa tavoli e armadi in abete, se gli articoli interessano.

Sicché, alla fine il più duro, paradossalmente, è don Claudio Rossatto, parroco di Cepina e Valdisotto, quando dice che «la vigliaccata è stata di non fermarsi. Perché un incidente, quello può capitare a tutti. Ma non avere il coraggio delle proprie azioni… Però, vede, è una vigliaccata che stanno pagando. Piuttosto… ».


Piuttosto? «Piuttosto andrebbe fatta una riflessione su questi ragazzi. Aspettano con ansia i 14 anni per il motorino e i 18 per la Polo, tutti in fila dietro all'idolo del consumo e tutti fottuti dalle sirene del benessere. E una riflessione dovremmo farla noi, i grandi, che ai ragazzi diamo cose, oggetti, perché non sappiamo più dargli cose vere che li aiutino a riflettere sul senso della vita».

Da queste parti, dove l'acqua è purissima, altissima, eccetera, la vita ruota intorno al turismo e al grande stabilimento dove si imbottigliano milioni di litri dell'acqua che sapete, visto che finisce anche lei in «issima».

Marchio totemico, che ha dato anche il nome alla piazza del paese, dove a parte un pugno di ragazzi e ragazze che cicalano intorno all'oratorio non si vede anima viva. Un emporio, una farmacia, il meccanico, uno sportello bancario, una bandiera del Milan un po' stinta a un balcone, esposta in epoche più benigne.

Cepina, Valdisotto, Bormio, così attaccati uno all'altro che sembrano un paese solo. All'intorno, l'incanto delle montagne e i larici e gli abeti che già trascolorano. Sulla ciclabile,accanto al Tigro, un foglietto che frulla nel vento. «Renzo, pedalerai sempre nei nostri cuori», ha scritto uno che si firma D. B.
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