RomaI vescovi non devono cedere alla tentazione di trasformarsi in guide politiche. Lo ha detto il Papa ricevendo i cardinali e i vescovi capi dei dicasteri curiali in occasione delludienza per lo scambio di auguri natalizi. Benedetto XVI ha parlato del rapporto dei vescovi con la politica riferendosi al Sinodo dellAfrica, che si è svolto in ottobre in Vaticano, ma le sue parole sono riferibili anche ad altri contesti.
Ricordando il tema del Sinodo, «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace», Ratzinger ha osservato: «È questo un tema teologico e soprattutto pastorale di unattualità scottante, ma poteva essere anche frainteso come un tema politico. Compito dei vescovi era di trasformare la teologia in pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto, in cui le grandi visioni della Sacra scrittura e della Tradizione vengono applicate alloperare dei vescovi e dei sacerdoti in un tempo e in un luogo determinati».
«Ma in questo - ha continuato Benedetto XVI - non si doveva cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche. In effetti, la questione molto concreta davanti alla quale i pastori si trovano continuamente è, appunto, questa: come possiamo essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che non ci spetta?». La risposta del pontefice richiama una «laicità positiva», praticata e interpretata «in modo giusto». Un tema, ha ricordato ancora Ratzinger, che è stato affrontato nella recente enciclica sociale Caritas in veritate, che ha ripreso e sviluppato la questione sulla «collocazione teologica e concreta della dottrina sociale della Chiesa». Se la sola enunciazione teologica finisce per risultare astratta, la declinazione politica rischia di apparire indebita. È necessario invece trovare «la strada del pastore».
Benedetto XVI ha quindi parlato della riconciliazione, ricordando che uno sguardo «sulle sofferenze della storia recente dellAfrica, ma anche in molte altre parti della terra, mostra che contrasti non risolti e profondamente radicati possono portare a esplosioni di violenza in cui ogni senso di umanità sembra smarrito». La pace, ha spiegato il Papa, «può realizzarsi soltanto se si giunge a una riconciliazione interiore». Un esempio positivo citato nel discorso è la riconciliazione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale in Europa. «Il fatto che dal 1945 nellEuropa occidentale e centrale non ci siano più state guerre - ha detto Ratzinger - si fonda sicuramente in misura determinante su strutture politiche ed economiche intelligenti ed eticamente orientate, ma queste potevano svilupparsi solo perché esistevano processi interiori di riconciliazione, che hanno reso possibile una nuova convivenza». «Ogni società - ha detto ancora il Pontefice, con parole che si applicano molto bene anche alla situazione italiana - ha bisogno di riconciliazioni, perché possa esserci la pace. Riconciliazioni sono necessarie per una buona politica, ma non possono essere realizzate unicamente da essa. Sono processi pre-politici e devono scaturire da altre fonti». Benedetto XVI ha invitato tutti ad «apprendere nuovamente la capacità di riconoscere la colpa», perché «dobbiamo scuoterci di dosso l'illusione di essere innocenti. Dobbiamo apprendere la capacità di far penitenza, di lasciarci trasformare; di andare incontro allaltro e di farci donare da Dio il coraggio e la forza per un tale rinnovamento».
Il Papa, rievocando il recente viaggio a Praga e la massiccia presenza in quel Paese di cittadini atei o agnostici, ha detto che queste persone «devono stare a cuore a noi come credenti», invitando la Chiesa ad «aprire una sorta di cortile dei gentili dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio».
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