Politica

Il Papa racconta San Francesco «Un playboy che si è pentito»

Benedetto XVI incontra i parroci di Albano e sul Poverello puntualizza: «Non era solo un pacifista o un ambientalista»

Andrea Tornielli

da Roma

Prima della conversione, Francesco d’Assisi era «una specie di play boy», che ha incontrato la fede e ha cambiato vita. E non è giusto strumentalizzarlo presentandolo soltanto come «un pacifista o un ambientalista». Parola di Papa Ratzinger, che a Castelgandolfo, incontrando i parroci della diocesi di Albano, ha risposto alle loro domande su vari argomenti affrontando anche il tema delle persecuzioni subite dalla Chiesa: «Neanche Hitler è riuscito a distruggerla, perciò dobbiamo essere coraggiosi».
L’occasione per parlare del Poverello è stata data a Benedetto XVI dal vescovo di Assisi, che «ha voluto, in occasione del giubileo della conversione di Francesco, indire un anno di conversione per ovviare all’abuso della figura del santo». Di che abuso si tratta? «San Francesco - ha detto il Papa - non era solo un ambientalista e un pacifista ma era soprattutto un uomo convertito». A Ratzinger va dunque stretta la rivisitazione politicamente corretta del grande riformatore della Chiesa, ridotto soltanto a una icona del pacifismo e dell’ambientalismo. Benedetto XVI, che meno di una settimana fa ha dimostrato di condividere la preoccupazione per il degrado ambientale lanciando un appello per la salvaguardia del creato, teme che questo «abuso» dell’immagine del santo finisca per mettere in secondo piano l’aspetto centrale della sua figura di uomo di fede e di convertito. A questo proposito, Benedetto XVI ha parlato della necessità di «animare i giovani proponendo loro una strada che allarga la vita. San Francesco prima era quasi una specie di play boy, ma poi si è reso conto che questo non era sufficiente, ha sentito la voce del Signore e man mano ha capito che cosa vuol dire costruire la casa del Signore». Domenica scorsa il Papa aveva presentato la figura di Sant’Agostino, parlando anche del passato dissoluto del grande santo di Ippona e della sua conversione. In quest’ultimo caso, come in quello del Poverello, dunque, il messaggio è lo stesso: il cristianesimo è un fatto che può cambiare e cambia la vita.
L’altro tema sollevato dal Pontefice è quello delle difficoltà che la Chiesa ha attraversato fino a oggi. «La Chiesa vive. Abbiamo duemila anni di storia nonostante tante sofferenze e fallimenti». Tra le difficoltà ricordate esplicitamente ci sono le «invasioni musulmane» nell’Africa del Nord, dove ora la Chiesa è ancora fiorente; l’epoca dei lumi con «Rousseau o Voltaire» il quali sostenevano che la Chiesa avesse ancora poche possibilità» e poi Hitler. «La fede è più forte di tante correnti che vanno e vengono - ha spiegato Benedetto XVI -. Nel secolo scorso Hitler era convinto e l’ha detto una volta: “La Provvidenza ha scelto me, cattolico, perché educato cattolico, per far finire il cattolicesimo”, perché solo uno come lui poteva farlo. Era sicuro di poter distruggere il cattolicesimo». Le cose sono andate diversamente. E neanche la visione marxista ha avuto la meglio sulle «parole di Cristo». «Perció - ha aggiunto Ratzinger - dobbiamo essere coraggiosi, la Chiesa è speranza che non finisce». Proprio le epoche più buie e difficili sono state quelle di «tanti santi».
Rispondendo alle domande dei parroci di Albano, Benedetto XVI ha parlato delle difficoltà dei preti, invitandoli ad imparare dalle coppie sposate. «Noi sacerdoti possiamo anche imparare dagli sposati - ha detto - dalle loro sofferenze, da come hanno imparato a vivere e superare il momento della crisi, accettandosi nuovamente l’un l’altro». Pensiamo che solo il celibato sia un sacrificio, ma conoscendo tutte le sofferenze della coppia sposata, possiamo imparare che è bello maturare nei sacrifici».
Per quanto riguarda i divorziati risposati e la loro accoglienza nella comunità cristiana, Papa Ratzinger ha accennato a quelli di loro «che vogliono andare a fare la comunione e non capiscono perché non è possibile». «Probabilmente - ha proseguito - perché non hanno capito, nel momento del “sì”, cos’è questo “sì”: è un’alleanza con il Signore, si entra nel sacramento della Chiesa. Bisogna capire questa fedeltà e così far capire il problema dei divorziati risposati». Parole che di per sé non chiudono una questione molto dibattuta, sulla quale si sta studiando. Il Papa ha poi ricordato ai preti che il temo di preghiera «non è sottratto all’attività pastorale».
Infine, Benedetto XVI ha toccato un altro dei temi a lui più cari, quello della liturgia. La Messa, ha spiegato non è «uno spettacolo, un teatro» e i preti non sono «attori». Il Papa ha invitato i parroci a concepire la liturgia principalmente come un momento di «colloquio con Dio». «Solo se la gente vede che l’arte di celebrare non è un’arte esteriore, spettacolare, e che noi non siamo attori, ma che la Messa è l’espressione del nostro cuore, la liturgia diventa bella e diventa una comunione di tutti i presenti con il Signore».

Pur sottolineando l’importanza della cura esteriore («quando ero professore gli alunni leggevano le scritture con un “bla bla”, invece bisogna pronunciarle bene»), Benedetto XVI ha sottolineato che l’importante è «la consonanza tra quanto facciamo con le labbra e quanto fa il cuore».

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