Paparesta padre e figlio si «contendono» le sim estere

da Roma

Questione di sim. Il nome di Gianluca Paparesta non è nella richiesta di rinvio a giudizio presentata ieri al gip di Napoli dai pm Beatrice e Narducci. E l’arbitro barese è l’unico la cui posizione non sia ancora stata definita dai magistrati napoletani, che hanno stralciato il suo nominativo in attesa di «accertamenti». Oggetto di questi ultimi sono le ormai «celebri» schede telefoniche estere che secondo l’accusa Luciano Moggi avrebbe fornito ad arbitri e dirigenti per creare una rete di conversazioni «riservata» alla «cupola» che per i pm decideva le sorti del calcio nostrano. Paparesta era infatti finito nell’elenco dei 21 indagati per associazione per delinquere proprio a causa di alcune sim «Moggiphone» che la procura riteneva fossero nella sua disponibilità.

Ma nel corso del suo interrogatorio, avrebbe detto di aver ricevuto quelle utenze svizzere non direttamente da «Lucianone», ma dal padre Romeo, ex arbitro, in buoni rapporti con l’ex diesse bianconero. E Paparesta senior, sentito dai magistrati napoletani come persona informata dei fatti, avrebbe confermato, sostenendo in sostanza che suo figlio non conosceva la «paternità» di quelle sim svizzere.

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