È passata inosservata domenica scorsa la dolcissima risposta del Papa a Milano a chi gli chiedeva come s’immaginava il paradiso. Liberandosi mentalmente della mitria, Benedetto XVI ha detto che lui si figura il paradiso con i sapori e i colori della sua infanzia con suo padre e sua madre. Una confessione proustiana, tenera e universale, che sfugge al rigore della dottrina e alla fede, parte dal cuore e arriva diritta al cuore di tutti. Il paradiso di ciascuno abita come un tesoro sommerso nell'infanzia. Ricordo l'incanto dei risvegli con mia madre che mi portava la luce del sole a letto e poi si fermava a giocare. Ricordo la magia delle sere, quando scivolavi nel sonno mentre una voce e una mano ti carezzano la testa da dentro e da fuori. Ricordo le fughe di giugno dalla scuola elementare sul motorino di mio padre che mi portava sulle ali del vento in campagna a raccogliere gioia dagli alberi. Ricordo l'attesa del mare in terrazzo, la striscia d'azzurro oltre il bianco dei panni distesi.
E poi la discesa festosa al mare; mio padre che costruiva il maricello, una vasca marina protetta da una muraglia di ciottoli, frutto della sua edilizia marittima, ed io entravo in quel piccolo mare nostro, ai bordi del mare più grande; lui ha continuato a erigere effimere darsene anche quando nuotavo ormai in mare aperto, quasi a marcare le nostre acque territoriali. Il paradiso è là, nel bagliore sognante dell'infanzia. I soli paradisi che conosciamo sono i paradisi perduti, ci aspettano nel passato. Il nostro paradiso è a Itaca, dove si torna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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