Paragonò il Corano al "Mein Kampf": assolto Olanda, la rivincita di Wilders: scalata al potere

Era diventato il simbolo del politico razzista, ma i giudici gli hanno dato ragione: il leader del Pvv non incitò all’odio religioso contro i musulmani: "Fa commenti offensivi, ma legittimi". E ora le sue idee vincono nelle urne

Paragonò il Corano al "Mein Kampf": assolto 
Olanda, la rivincita di Wilders: scalata al potere

Fermo restando che sarebbe meglio scherzare coi fanti e lasciar stare i santi, per i motivi che tutti intuiscono, sembra davvero venuto il momento di stabilire una netta demarcazione tra chi, con parole e opere incita all’odio razziale, e chi, nell’ambito di un dibattito che scuote dalle fondamenta l’opinione pubblica usa toni anche accesi, e magari anche qualche slogan fin troppo crepitante (tipo i trecentomila bergamaschi pronti a imbracciare il fucile) per dire pane al pane e vino al vino. Spiegando per esempio ai musulmani in arrivo e a quelli che risiedono in Europa che se vogliono continuare a starci devono uniformarsi alle leggi e alle regole dei Paesi ospiti; e che quando si dice «integrazione» -posto che sia possibile, e spesso non lo è- si sta dicendo che sono i nuovi venuti a doversi integrare, non il contrario.

Questo -soprattutto questo- si direbbe il senso del pronunciamento con cui il Tribunale di Amsterdam ieri ha prosciolto il leader dell’estrema destra olandese Geert Wilders dall’accusa di aver incitato all’odio razziale e alla discriminazione contro i musulmani. Decisione che lassù, nelle tolleranti Terre Basse che nei decenni passati hanno accolto con stolida allegria fiumi di migranti d’ogni colore e d’ogni continente, sciolti e a pacchetti, segna un radicale cambio di marcia rispetto all’ostinato e fallimentare «volemose bene» voluto dalle anime belle del socialismo scandinavo. È cambiato il clima sociale, come già testimonia il successo elettorale di Geert Wilders, che col suo Partito della Libertà sostiene la maggioranza del premier liberale Mark Rutte.

Non è che ci fosse andato leggero, per la verità, Wilders. In uno dei suoi eccessi verbali, per esempio, aveva paragonato il Corano al «Mein Kampf», la «summa» di Adolf Hitler. I musulmani residenti in Olanda -sono legioni- non gli avevano perdonato neppure il documentario dichiaratamente anti islamico intitolato «Fitna»; e la reazione nel vasto mondo musulmano, dal Pakistan all’Indonesia, dal Marocco all’Iran, era stata piuttosto vivace. Cionondimeno, Wilders aveva trovato il destro di attaccare il Parlamento europeo accusandolo di censura, quando non gli era stato concesso di proiettare il documentario nella sede dell'Assemblea. «Mi sembra di essere alla Mecca invece che a Strasburgo», commentò in quell’occasione, sprezzante.

Wilders è anche quello della «Kopvoddentax», la tassa sul velo delle donne musulmane che gli guadagnò una gragnuola di maledizioni da parte dei più integralisti dei mullah di stretta osservanza. «Mille euro all'anno, per cominciare -tuonava Wilders nei comizi, nelle interviste e nei talk-show televisivi- per le signore che vogliono andare in giro col viso coperto. Col che magari riavremo indietro una parte dei soldi che abbiamo speso in tanti anni foraggiando l’islam». In un’altra occasione -magari non particolarmente felice- il leader del Partito della Libertà si lasciò andare ad affermazioni come quella secondo cui «le moschee, le teste velate e le palandrane dei musulmani inquinano le strade olandesi». E tuttavia Wilders, che vive sotto scorta dal 2004 per le minacce ricevute, non ha mai incitato alla violenza né ha mai appoggiato episodi di intolleranza. Anche il giudice Marcel van Oosten riconosce che Wilders va giù con la mano pesante. E talvolta è «offensivo». Ma i suoi commenti «non sono mai andati oltre i confini del dibattito politico legittimo».

La decisione dei giudici olandesi naturalmente fa rumore, negli ambienti musulmani, «è un gioco pericoloso» e rischia di «rinfocolare i risentimenti tra i popoli», come ha detto un esponente dell’ufficio politico dei Fratelli Musulmani, Ali Abdel Fatah, al Cairo. «L'Occidente non vede di buon occhio l’islam - ha sottolineato Abdel Fatah - e questa decisione evoca uno spirito di fanatismo nel mondo occidentale, nel quale è diffusa l’abitudine di deformare l’immagine di quello islamico». Pungente anche il commento di Abdel Bayoumi, uno dei membri dell’Accademia per le ricerche islamiche dell’università di Al Azhar. «È vero che esiste una differenza tra la libertà di espressione e l’incitazione all’odio.

Ma se questa decisione è considerata manifestazione della libertà di opinione, allora bisogna accettare anche le idee di Osama Bin Laden come tali».

Senonché Osama, se non ricordiamo male, e a differenza di Wilders, predicava che bisognerebbe ammazzare ogni americano «a vista». Per esempio.

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