da Cannes
Vincitore con Elephant (2003) del Festival di Cannes che spettava Mystic River di Clint Eastwood, Gus Van Sant ha proposto ieri in concorso al Festival del 2007 Paranoid Park (Parco della paranoia), vicenda di un adolescente strano (Jake Miller), indifferente alle ragazze e sensibile, ma senza eccellere, allo skateboard. Solitudine (i genitori divorziano, il fratello è piccolo, i compagni sono grossolani) e apatia, in un quartiere di Portland (Oregon) sono un terreno di cultura analogo a quello degli assassini di Elephant. Ma il ragazzo di Paranoid è un omicida preterintenzionale di un guardiano manesco, tagliato in due dalle ruote di un treno. La fotografia è di Christopher Doyle, dunque di qualità. Ma i film di Gus Van Sant danno sempre la sensazione d'esser pretesto del regista per trovare ragazzi.
La giornata di ieri è stata del resto nel segno dei film (in concorso) che, senza festival, non ci sarebbero. L'austriaco Ulrich Seidl di Canicola (Mostra di Venezia, 2001), torna sul filone «desolazioni moderne» con Import Export. Ha intuizioni brillanti, ma torna alla maniera di Canicola; e poi ha il feticcio delle terga, esposte anche troppo. L'Import Export del titolo allude a un'infermiera ucraina (Ekateryna Rak) che va a lavorare in Austria, dove viene a contatto con le miserie del capitalismo consolidato, dopo aver conosciuto quelle del capitalismo imitato; mentre un guardiano notturno austriaco (Paul Hoffmann) va a lavorare in Ucraina, senza esiti più brillanti di quelli della ragazza ucraina in Austria.
Da viaggio anche il film del francese Raphael Nadjari, Tehilim (Salmi), ambientato a Gerusalemme: il padre scompare e la madre e il nonno si contendono l'educazione (laica o religiosa) dei figli (Michael Moshonov e Yonathan Alster). Girato in digitale, Tehilim è più antropologia che cinema. Non dovrebbe arrivare in Italia: pochi eletti ne soffriranno.
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