Parenti e appalti, così la mafia fa affari nell’Asl di Fortugno

Gian Marco Chiocci

La pista degli appalti per le forniture e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali, nella quale è indagato Agazio Loiero, porta dritti anche alla Asl 9. Quella che gronda sangue, mafia, malaffare. L’azienda sanitaria di Locri dove il defunto vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno lavorava insieme alla moglie Maria Grazia Laganà (vicedirettore sanitario dell’ospedale) torna infatti d’attualità in quest’ultima tornata d’intercettazioni per i riferimenti «amicali» che i responsabili della Ital Tbs riservano a Benito Spanti, commissario pro tempore dell’Asl 9, «amico» di Loiero.
E così mentre la politica calabrese implode e le cosche puntano al maxi-appalto da 15 milioni di euro per la costruzione del Pronto soccorso di Locri (nel quale Fortugno prestava servizio) alla procura di Reggio si concentra l’attenzione su quattro società collegate alla Asl dei misteri relativamente alla modalità di determinati «acquisti in deroga»: la Mdo srl e Bioss srl di Catanzaro, la Attimed e Ti.Medical sas di Reggio Calabria. In altri settori d’interesse della Azienda sanitaria, le ditte sott’osservazione per presunte anomalie, irregolarità o relazioni pericolose di loro soci o dipendenti - come riscontrato dalla relazione della commissione d’accesso del Viminale - sono la Tallura Costruzioni, la Valentino Rodolfo, la Pianete Verde, la Medi-odonto Center di Gioiosa Ionica di Domenico Tavernese (arrestato per mafia, condannato per usura con pena sospesa, sempre retribuito dalla Asl) la Pio Center di Bovalino ricollegabile al clan Nirta e la Fleur Garden di tal Pasquale Barillà, sul cui conto gli inquirenti sciorinano precedenti delicatissimi. Non ultimo il rapporto col cugino di Barillà, Gino La Scala - che ha effettuato lavori per la Asl - figlio del boss Pietro, parente di Raffaele condannato per il sequestro-omicidio dell’industriale Ceretto, fratello di Giuseppe «esponente di rilievo del clan Cordì» già sospettato «di aver avuto un ruolo nel sequestro del piccolo Giovanni Furci». E ancora. La coop Cossea di Gioiosa, la Arpah di Africo, la Medical Center di Bianco, l’associazione Mutua Benevolentia, soprattutto la Coop Service - che si assicura i servizi di pulizia dei presidi di Siderno e Locri - con 23 dipendenti «legati da vincolo di parentela diretto con appartenenti di primo piano delle organizzazioni mafiose locali». Mogli, figli, sorelle, cugini, nipoti, cognate dei boss dei clan Cordì, Cataldo, Alecce. Per avere un’idea dell’«ingerenza della criminalità organizzata nella gestione dell’azienda» di Locri basta dare un’occhiata ai riscontri effettuati sul personale sanitario, dal brillante primario all’ultimo portantino. C’è un’eccezione, si fa per dire: niente ’ndrangheta per il dottor Raffaele Gennaro «condannato il 5 giugno 1982 per formazione e partecipazione di banda armata e associazione sovversiva» comunista, sfiorato dalle indagini sulla morte di due carabinieri vicino Siena. Nella lista dei parenti eccellenti spicca la dottoressa Giuseppina Morabito, figlia del boss ’u tiradrittu, capo carismatico della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi e poi arrestato dal Ros insieme al genero, Giuseppe Pansera. Segue il veterinario Francesco Nirta, figlio del capo cosca di Bovalino. Quindi Andrea Stilo, medico dirigente, nipote di don Giovanni Stilo, il sacerdote considerato vicino ai Nirta e ai Mammoliti, poi prosciolto per mafia in appello. Seguono il dottor Giorgio Barresi, aspirante sindaco di Locri, invischiato in storie elettorali presumibilmente a vantaggio del clan Cordì; l’operatore tecnico Alessandro Floccari, «figlio del pluripregiudicato e capo cosca Floccari Alfredo, nonché fratello dei pluripregiudicati (...)»; l’altro operatore Francesco Giorgi, figlio del noto Antonio detto u ciceru, ammanettato per traffico di droga «e come mandante del duplice omicidio del poliziotto Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano a Lamezia Terme il 4 gennaio 1992».

L’elenco è davvero infinito, ma un punto va messo col compagno di stanza della vedova Fortugno, considerato il presunto mandante dell’omicidio dell’esponente della Margherita: Alessandro Marcianò. «È noto - scrivono gli inquirenti - per le frequentazioni con pregiudicati del clan Cordi e risulta imparentato con le famiglie di pregiudicati Bruzzaniti e Morabito di Africo Nuovo».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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