Alberto Toscano
da Parigi
«Siamo sconvolti da tanta violenza. Una crudeltà atroce, praticata per il solo piacere di far male», dice alla stampa Jean-Claud Marin, procuratore della Repubblica, nell'annunciare a Parigi l'arresto di 13 dei 15 membri di una banda di «teppisti di periferia». Un misto tra rivolta delle banlieue e «bestie di Satana», con l'aggiunta dell'ammirazione per i terroristi iracheni. Ne ha fatto le spese Ilan Halimi, un tranquillo ragazzo ebreo di 23 anni, che viveva nella cintura urbana di Parigi. Lo hanno rapito il 21 gennaio e torturato giorno dopo giorno fino a sbattere il suo corpo irriconoscibile accanto a una linea ferroviaria. Lunedì Ilan è stato trovato nudo da alcuni passanti. Aveva ferite ed ematomi dappertutto. Anche segni di bruciatura. Lo hanno portato in ospedale, ma non ce l'ha fatta.
Così sono scattate le ricerche da parte della polizia. Ci si è ricordati che altri giovani avevano denunciato nelle ultime settimane tentativi di sequestro. I delinquenti li avevano attirati in una trappola utilizzando una bella ragazza bionda, che si fingeva innamorata di loro e che serviva da esca. Ma i primi tentativi, attuati da quella banda ancora inesperta, erano andati a monte. Grazie alla descrizione delle mancate vittime, la polizia ha potuto tracciare l'identikit della giovane che è stato ampiamente diffuso nella regione parigina. La famiglia della ragazza l'ha riconosciuta e l'ha costretta a recarsi in commissariato. La ragazza, considerata dalla banda poco abile, era stata sostituita da un'amica nella trappola a Ilan Halimi e non ha dunque preso parte al suo sequestro. Una volta in commissariato, ha rivelato i nomi di tutti i 15 membri della banda: gente di età compresa tra i 17 e i 32 anni. Ha anche fornito alcuni dettagli sull'organizzazione interna, che ruotava attorno a un personaggio «carismatico»: il ventiseienne di colore Youssef Fofana, che amava essere chiamato «The Brain of the Barbarians» (Il cervello dei barbari).
Fofana aveva montato un clan per far soldi attraverso i riscatti e per «punire» i giovani che lavoravano normalmente. A maggior ragione se ebrei, come Ilan Halimi. Il procuratore della Repubblica ha lasciato intendere ieri un legame tra le torture inflitte da Fofana e la sua voglia di vendetta per ciò che è accaduto ai ribelli iracheni in mano alle truppe americane. Così Fofana si è costruito una sorta di Abu Graib nella borgata in cui abitava. In un immenso casermone alla periferia della città di Bagneux, 37mila abitanti, a ovest di Parigi. È stato il portiere del palazzo a dare al «Cervello dei Barbari» la chiave di un appartamento vuoto, diventato lo scenario delle torture.
Tra pugni, scariche elettriche e bruciature su un uomo legato, Fofana ha trovato il tempo di telefonare ai genitori della vittima per chiedere 450mila euro in cambio della sua liberazione. Poi altre telefonate, in occasione delle quali ha ridotto le sue pretese. Ma ad ogni appuntamento con i membri della famiglia, non si è presentato. Come se temesse qualcosa. O come se la vera motivazione del suo gesto fosse l'assassinio puro e semplice di un giovane ebreo.
Adesso Fofana è libero. È una delle due sole persone della banda sfuggite allarresto. Il procuratore ha detto che ieri mattina alle 8 Fofana ha telefonato ai genitori della sua vittima, chiedendo loro di non collaborare alle indagini. Altrimenti avrebbero subito la sua vendetta. La caccia all'uomo è cominciata in tutta la Francia, dove sono state diffuse le foto di Fofana, già condannato in passato per furti e atti di violenza.
I francesi si chiedono fino a che punto l'antisemitismo abbia a che fare con la tragedia di Bagneux.
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