Parigi ossessionata da Gheddafi: «Bombe, non tregue umanitarie»

L’Italia appoggia un’idea per risolvere la crisi in Libia con meno bombe possibili e «zak» i cugini d’Oltralpe, perennemente con il nasino all’insù, ci bacchettano come se fossimo i soliti calabraghe. A questo punto verrebbe spontaneo invitare la Grandeur, più che ad andare a quel paese, a farsi la guerra contro Gheddafi da sola.
L’ennesimo «scontro» con i francesi appoggiati da Londra e dalla Nato inizia ieri durante l’audizione alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato. In vista del Consiglio europeo, che si riunisce a Bruxelles questa mattina, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, lancia l’idea di una sospensione limitata e probabilmente circoscritta dei bombardamenti in Libia per aprire dei «corridoi umanitari». In realtà il piano non è italiano, ma dovrebbe arrivare come richiesta dall’Unione europea, dalla Lega araba, dall’Unione africana, e dall’Onu. Secondo Frattini è «fondamentale un’immediata sospensione delle ostilità per creare corridoi umanitari» in grado di aiutare la popolazione. Un’idea già discussa al Cairo sabato scorso con le Nazioni Unite e l’Unione europea rappresentata dalla baronessa inglese Catherine Ashton. Il ministro precisa che «un appello internazionale per i corridoi umanitari riceverebbe il sostegno dell’Italia». E ribadisce che il cessate il fuoco è «in primo piano nella strategia politica dei negoziati».
I francesi alzano subito le barricate. Il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero, ricorda che «bisogna intensificare la pressione su Gheddafi». Secondo il portavoce «qualsiasi sospensione delle operazioni rischierebbe di far guadagnare tempo» a Gheddafi. In pratica l’apertura italiana è un mezzo tradimento che permetterebbe al colonnello di «riorganizzarsi». Per il Quai d’Orsay «sarebbe il popolo libico a soffrire al più piccolo segnale di una nostra debolezza». Più che debolezza si tratta di un’ipotesi che secondo Frattini «permetterebbe l’accesso a località della Libia isolate nelle quali la situazione umanitaria è drammatica, come la periferia di Misurata».
Al fianco delle cannonate verbali francesi si schierano gli inglesi. Il portavoce del primo ministro britannico, David Cameron, ribadisce che la coalizione deve «intensificare le azioni sulla Libia». Magari facendo maggiore attenzione ad evitare vittime civili, che secondo il regime di Tripoli sarebbero già 700.
I corridoi umanitari riguarderebbero anche le montagne occidentali dove avanzano i ribelli.
Alla fine è sceso in campo il segretario dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen: «La Nato continuerà le operazioni per evitare innumerevoli perdite fra i civili». Chissà cosa ne pensano i tedeschi, neutrali fin dall’inizio, i turchi che partecipano solo all’embargo navale, gli spagnoli in retrovia e i paesi del nord che stanno ritirando i loro caccia. L’Italia non ha certo bocciato la no fly zone o messo in dubbio la missione Nato, ma punta a giocare una carta diversa per uscire dallo stallo.
Non a caso il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha ribadito ieri «che di tre mesi in tre mesi abbiamo rinnovato il nostro impegno, quindi fino a settembre». Secondo il ministro «per quella data ci auguriamo che il dopo Gheddafi sia cosa già realizzata». Se così non fosse La Russa ha dichiarato a Sky Tg24 «che potremmo mettere in discussione il nostro modo di partecipazione. Fin dall’inizio offriamo le nostre basi e siamo in condizioni di credito verso tutte le altre nazioni partecipanti».

La Russa ha appena evitato la chiusura del comando Nato di Bagnoli, a Napoli, ma nella ristrutturazione dell’Alleanza quello navale è destinato a sparire venendo unificato a Londra. Proprio a Nisida, di fronte a Napoli, l’ammiraglio Rinaldo Veri comanda le operazioni marittime contro la Libia, che la Nato ci intima di non mollare, assieme ai bombardamenti.

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