Parigi - Gran brutta giornata per la fiamma olimpica tra le strade di Parigi. Se il buon giorno si vede dal mattino, l'auspicio è stato pessimo: verso le otto la città è stata imbiancata da una breve nevicata fuori stagione. Mentre i fiocchi si scioglievano a fatica, vista la bassa temperatura, prendeva posizione un dispositivo di sicurezza degno di un summit internazionale: tremila agenti di polizia, sparpagliati sui 28 chilometri del percorso tra la Tour Eiffel e lo stadio Charléty, alla periferia della capitale. Alle 12.45 il primo degli 80 tedofori scende con la fiaccola in mano dal primo piano della vecchia dama d'acciaio, che domina Parigi dal 1889. Tutto sembra filare liscio dopo gli incidenti di Londra. Illusione. Alla base comincia una scazzottatura tra persone che inalberano bandiere cinesi e altre che mostrano alle telecamere quelle tibetane.
Niente di grave, ma è solo un inizio. Poi compare sulla Tour Eiffel un grande striscione col simbolo della contestazione ai Giochi di Pechino 2008: cinque manette disposte al posto dei cinque cerchi olimpici (identici striscioni verranno in seguito affissi al passaggio del corteo lungo gli Champs-Elysées e vicino al municipio). L'atmosfera si surriscalda. Il corteo si snoda in una serie interminabile di spintoni tra agenti di polizia - che a piedi, in moto o in pattini circondano il tedoforo - e i dimostranti pro-tibetani, che cercano di spegnere la fiaccola, ma che vengono a loro volta insultati dai dimostranti favorevoli al governo di Pechino. Uno di questi ultimi rilascia una dichiarazione a una radio per dire che «un Paese come la Cina rischierebbe l'anarchia se venisse amministrato con troppa democrazia». A Parigi c'è un'importante comunità cinese, costituita in buona parte da discendenti della minoranza cinese del Vietnam, ex colonia francese. L'influenza di Pechino nella Chinatown del XIII arrondissement parigino è sensibilmente aumentata negli ultimi decenni e ieri qualcuno è andato in piazza a manifestare contro i manifestanti.
Come se la confusione non bastasse, la politica francese s'intrufola a sua volta nella manifestazione. I socialisti - all'opposizione sul piano nazionale, ma al governo a Parigi - approfittano della situazione per accusare il presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy di non essere abbastanza duro con Pechino. Il sindaco Bertrand Delanoë fa affiggere all'Hôtel de ville un grande striscione con la scritta: «Parigi difende i diritti umani in tutto il mondo». La signora Mireille Ferri, esponente dei verdi e vicepresidente della regione, viene fermata mentre cerca di raggiungere la torcia con un estintore. Un'altra decina di persone vengono fermate nel corso degli incidenti.
Alle 13.30 la fiaccola si spegne senza che si capisca veramente perché. I responsabili parlano di un «problema tecnico». In quel momento il surreale corteo di atleti, poliziotti, manifestanti e contromanifestanti sta passando proprio davanti alla sede di France Télévision, la Rai d'Oltralpe. Medaglia d'oro della iella. Si cerca di riaccendere la torcia, ma per 20 minuti non c'è nulla da fare. Alle 13.50 la fiamma ricompare, il corteo riprende. Per poco. Alle 17 si rischia il parapiglia generale di fronte all'Assemblea nazionale, all'interno della quale i deputati socialisti si scagliano contro Sarkozy.
Gli organizzatori non ne possono più e decidono di ricorrere alle maniere forti: la fiamma viene fatta salire su un autobus (dove pare si sia spenta altre 4 volte), che sfreccia verso la destinazione finale, lo stadio Charléty.
Lì, tra discorsi e danze cinesi, la fiaccola di Olimpia finisce il suo itinerario parigino prima d'imbarcarsi per San Francisco.Anche in terra americana le avvisaglie non sono promettenti: ieri un gruppo di dimostranti appesi ai cavi del Golden Gate ha srotolato un gigantesco striscione pro Tibet.
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