Parla il procuratore Di Martino

Parla il procuratore Di Martino

MilanoAltro che chiacchiere da bar. Altro che millanterie. Il marcio della serie A sta venendo a galla. L’inchiesta della Procura di Cremona sul calcioscommesse arriva ai piani nobili del pallone italiano. Quelli che erano sospetti, secondo gli inquirenti, diventano riscontri. Elementi ritenuti fondati, «prove» che dimostrerebbero come numerose partite della massima serie siano state taroccate. «Abbiamo fatto molti accertamenti che sono positivi, perché confermano certe situazioni anche su nuove partite pure di serie A», spiega il procuratore Stefano Di Martino. Dunque, non solo sono state considerate attendibili le parole di Carlo Gervasoni, il calciatore del Piacenza ora ai domiciliari che aveva raccontato di 18 incontri truccati (campionato cadetto incluso), ma per i pm ci sarebbe del vero anche in quanto riferito a suo tempo dall’ex portiere della Cremonese Marco Paoloni, passato alla ribalta delle cronache giudiziarie per un tè al sedativo dato da bere ad alcuni compagni di squadra durante l’intervallo della partita giocata contro la Paganese il 14 novembre del 2010.
Il «biscotto», dunque, rischia di andare di traverso in molti stadi italiani. «Sono parecchie le cose che stanno venendo fuori», commenta ancora Di Martino. «Alcuni degli accertamenti tecnici effettuati confermano che nelle intercettazioni le parole dell’ex portiere della Cremonese e del Benevento Marco Paoloni non erano delle millanterie, nè su Lazio-Genoa, nè sul ruolo del leccese Corvia nella vicenda». Molti gli incontri nel mirino degli investigatori. Da Palermo-Bari del 7 maggio 2011 («La prima partita combinata di serie A di cui parlai», aveva detto Gervasoni) a Lecce-Lazio, da Inter-Chievo (4 a 3) a Udinese-Bari (3 a 3), entrambe del maggio 2010. Sono solo alcune delle numerose partite delle ultime due stagioni caratterizzate da un flusso anomalo di giocate registrato sul circuito delle scommesse autorizzate. Non necessariamente un tentativo di illecito, ma un campanello d’allarme. Che la Procura ha deciso di ascoltare. «Non ho ancora avuto il tempo di iscrivere nessuno sul registro degli indagati - spiega Di Martino -, ma sicuramente lo farò presto». E quanti calciatori rischiano di passare un guaio con la giustizia? «Tanti».
E ad essere nuovamente ascoltati, ieri, sono stati l’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni (nella foto)e l’ex preparatore atletico dei portieri del Ravenna Nicola Santoni, entrambi agli arresti domiciliari. «Non sono un corrotto, non ho venduto partite». Riparte da qui, la versione di Doni, ascoltato per un paio d’ore in Procura. Riparte dal famoso rigore di Atalanta-Piacenza (finita 3 a 0), segnato dall’allora idolo dei bergamaschi con un tiro centrale che avrebbe concordato in campo con il portiere della squadra avversaria, Mario Cassano (non indagato). Ma quella partita, precisa Doni, non l’ha combinata lui. «Lui - spiega il suo legale, l’avvocato Salvatore Pino - ha saputo che c’era la combine dopo che gli accordi in questo senso erano stati presi». Il suo errore sarebbe stato quello di non aver «detto niente», e l’avrebbe fatto solo «per agevolare la vittoria dell’Atalanta. È stato il suo passo falso. L’Atalanta era il suo mondo e ora invece è calato il gelo». Doni ha negato il coinvolgiomento del club, ma - insiste Di Martino - «i fatti contestati fanno pensare che le cose stiano diversamente».

Un matrimonio finito male, quello tra giocatore e società, che saranno sentiti dal Tnas (il tribunale nazionale di arbitrato per lo sport) mercoledì prossimo. Due ore di interrogatorio anche per Santoni. I 40 mila euro consegnati all’ex calciatore Gianfranco Parlato? «Erano miei, erano un prestito per Parlato». Una versione che non convince i magistrati.

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