La spocchia aggressiva con cui Adriano Sofri ha voluto togliere al commissario Calabresi laureola del martire, e ai suoi assassini la qualifica di terroristi, è sconvolgente. Sofri è fatto così, e Michele Brambilla ne ha descritto ieri, con straordinaria penetrazione, i cupi contorsionismi logici. Ma certi silenzi seguiti al proclama con cui lex leader di Lotta Continua ha rivendicato, in nome dellidea, la nobiltà e lineluttabilità del sacrificio dun innocente, sono peggio che sconvolgenti. Sono ripugnanti. Sono silenzi che attestano il doppiopesismo, lipocrisia, il conformismo pavido dun ceto politico capace solo dindignazioni a comando.
Non un vero scatto di reazione morale di fronte alla provocazione di Sofri. Nel palazzo si sono sentite alte e forti - ma prevedibili nel tono e nella sostanza - le voci di esponenti del centrodestra, Maurizio Gasparri e Paolo Romani. Gli altri zitti, o capaci soltanto di borbottii vaghi. Zitti gli strenui difensori della magistratura, che danno istericamente addosso al centrodestra se critica un giudice, ma sono di una calma marmorea se viene tacciata diniquità una sentenza definitiva. Dovè finita la sensibilità esasperata di quanti, apostoli della Costituzione, dellantifascismo e di chissà quantaltro, sono saltati addosso a Gianni Alemanno e a Ignazio La Russa per le loro frasi sul ventennio e su Salò? Fossero o no opportune, esse riguardavano una problematica storica e avvenimenti del passato remoto. Sofri sè occupato invece di se stesso, dei suoi compagni dun tempo, e della loro (e sua) vittima: polemizzando oltretutto con il figlio di quella vittima diventato giornalista.
Ma per Alemanno e La Russa sè scatenato il finimondo, il Capo dello Stato ha avvertito lesigenza di un suo intervento. Confesso che avrei gradito una parola dal Quirinale anche per riaffermare che gli uccisori del commissario Calabresi erano terroristi, che il commissario non era un repressore crudele, che non è lecito invocare la tragedia di piazza Fontana e la morte dellanarchico galantuomo Pinelli per attribuire un alibi etico, se non giudiziario, ai fanatici rossi. Osservo per inciso che Sofri, addebitando a Calabresi dessere stato un attore di primo piano nella ostinata premeditazione contro gli anarchici, ripropone una vecchia tesi secondo cui la Questura di Milano, subito dopo la strage di piazza Fontana, volle dolosamente deviare le indagini. Non intendo sollevare dubbi sulle conclusioni raggiunte successivamente. Osservo peraltro - essendo stato anche cronista di quellevento spaventoso - che Valpreda aveva fondato un circolo il cui motto era bombe sangue ed anarchia, e che linteressarsi a quel circolo e al suo creatore dopo che una bomba era scoppiata non aveva nulla di stravagante.
Tra i silenzi che mi hanno assordato - secondo un detto ormai in voga - debbo registrare anche quello del quotidiano Repubblica, dove è uscito larticolo di Mario Calabresi contestato da Sofri, e dove scrive lo stesso Sofri. Non una riga di notizia o di commento. Eppure per Repubblica, il cui fondatore Eugenio Scalfari fu tra i firmatari dun manifesto che definiva Calabresi commissario torturatore questa vicenda dovrebbe essere interessante. Invece niente. Non ha taciuto invece un ex di Lotta Continua, Gad Lerner. Il quale, dopo aver ritualmente espresso profondo rispetto per Mario Calabresi e la sua famiglia, ha aggiunto: «Questo non può togliere ad un uomo già privato della sua libertà (non da un regime poliziesco ma da giudici indipendenti ndr) il diritto alle sue opinioni». Si può anche convenire. Diritto alle opinioni per Sofri come per Alemanno. Ma la differenza sta nelle reazioni.
Mario Cervi
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.