Il Parlamento e la cuccagna di chi ci lavora

Caro Granzotto, sul Giornale di venerdì 17 agosto è stato pubblicato un articolo «Ai barbieri del Parlamento 130mila euro l’anno». È quel plurale che mi ha indotto a chiedere a lei alcune precisazioni: 1) quanti sono i barbieri (e i parrucchieri) che lavorano sulle teste e alle altre parti del corpo delle senatrici e delle onorevoli? 2) È lo stipendio di un solo barbiere o di tutti i barbieri? 3) Come vengono assunti? Con contratti speciali o sono dei liberi professionisti? 4) Lo Stato mette a disposizione i locali e le varie attrezzature? 5) I barbieri pagano un affitto per il luogo dove esercitano l’attività di Rossiniana memoria? 6) Quante ore impiegano settimanalmente per l’attività svolta per farci apparire l’involucro dell’organo sopra alle spalle dei nostri parlamentari? 7) Hanno diritto soltanto i parlamentari ad ottenere «l’alta professionalità e l’efficienza» o anche tutti i vari impiegati? Se, come arguisco, le 133mila euro l’anno lorde sono lo stipendio del barbiere, c’è altro che fare la rivolta fiscale. Non entriamo nel merito della loro abilità e professionalità, ma come cifra mi sembra veramente eccessiva.

Ha capito bene, caro Macchi: quei 130mila - anzi, 133.483 - euri rappresentano o possono rappresentare la paga di uno solo dei barbitonsori di Camera e Senato. Che sono, così rispondo subito alla sua prima domanda, ventiquattro: 12 a Montecitorio e 12 a Palazzo Madama. Naturalmente - sennò la par condicio cosa l'ha inventata a fare, Oscar Louison Scalfaro? - i due rami del Parlamento forniscono anche un servizio di parrucchiere-acconciatore per le gentili onorevolesse. Locali e attrezzature sono gentilmente messi a disposizione dal Parlamento a spese del contribuente; gli orari non li conosco, ma siccome la gentile clientela non s'ammazza, come sappiamo, di lavoro, faccia due più due. Infine, hanno diritto al pelo, contropelo, sfumatura, sciampo, messa in piega e tinture varie (e fors'anche manicure e pedicure) tutti gli inquilini dei due palazzi. Tornando alle retribuzioni, funziona così: come tutti gli «operatori tecnici» di Camera e Senato, i barbieri sono assunti per concorso ed entrano in servizio con uno stipendio lordo iniziale di 32mila 483 euri. Scatto dopo scatto la loro busta paga si impingua fino agli scandalosi 133mila 375 euri, che vuol dire, in sostanza, qualcosa in più di 8mila 500 euri al mese per quindici - ripeto: quindici - mensilità. E tenga presente che gli «operatori tecnici» rappresentano, dal punto di vista retributivo, i paria del popolo della Cuccagna. Per avere una idea dell'aria che tira, in Cuccagna, sappia che in cima alla classifica dei 2.908 dipendenti del Parlamento ci sono il segretario generale del Senato Antonio Malaschini e quello della Camera Ugo Zampetti. I quali percepiscono rispettivamente 485mila e 483mila euri all'anno, e non sono bruscolini. Però non lo sono nemmeno i 237mila e 560 euri di un semplice ragioniere. I 152mila 790 euri degli addetti alla gestione del riscaldamento e del condizionamento. I 170mila euri dei coadiutori con mansioni di segreteria e archivistica o i 254mila euri degli stenografi.

Ma se è per rendere più agevole e proficua la dura fatica dei nostri rappresentanti in Parlamento, questo ed altro, vero, caro Macchi? A proposito di dura fatica: nella seduta di mercoledì 8 agosto con all'ordine del giorno l'assegnazione in Commissione dei due decreti sulla sicurezza stradale e sul fisco, erano presenti nella solenne aula di Palazzo Madama quattro senatori, compreso il presidente di turno Roberto Calderoli. Gli altri 318, tutti al mare. Idem i senatori a (bella) vita.

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