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Ddl consenso, Bongiorno: "Anche l'Anm ha espresso criticità"

Cesare Parodi, presidente Anm, ha spiegato che la magistratura ha già anticipato la legge: oggi i processi vanno a cercare se vi sia stato un consenso espresso

Ddl consenso, Bongiorno: "Anche l'Anm ha espresso criticità"
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Sono partite oggi le audizioni in Commissione Giustizia del Senato sul ddl che modifica l'articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso.

"Stiamo facendo delle audizioni proprio per capire se nella norma bisogna indicare gli elementi della riconoscibilità e quali dovrebbero essere, oppure se lasciarli all'interprete", ha spiegato il presidente della Commissione la leghista Giulia Bongiorno parlando dell'extra-time di pareri, richiesto dalla maggioranza, dopo il via libera della Camera sul testo, ottenuto grazie all'intesa Meloni-Schlein. "Non c'è stato nessuno stop, nel senso che, come tutti sanno, i disegni di legge devono essere esaminati dalle due Camere", ha aggiunto Bongiorno ribadendo che c'è stata soltanto "una mancata accelerazione" e sottolineando che "di fronte a un disegno di legge importantissimo, che vuole valorizzare l'autodeterminazione della donna" un approfondimento è doveroso anche perché sia le Camere penali sia l'Anm, che sono state ascoltate oggi, hanno sollevato "delle perplessità".

"Le perplessità vengono dalla necessità di evitare che ovviamente ci possano essere strumentalizzazioni della fattispecie", dice ai cronisti il presidente Bongiorno. "Questo non significa che bisogna arrendersi, per il semplice fatto che se oggi noi non scrivessimo la norma, andrebbe avanti tutto com'è adesso: ovvero che c'è una norma sul codice, ma quello che viene applicato è una grande valorizzazione del consenso della donna, però sceglie il giudice se applicarla o meno", ha evidenziato il noto avvocato ribadendo che "la norma che dobbiamo applicare in realtà già è applicata dalla giurisprudenza". Secondo Bongiorno è necessario trovare il punto di equilibrio per arrivare a un testo "in cui ci sia il consenso, ma il consenso sia riconoscibile" ed evitare "che questo consenso sia un concetto del tutto astratto ed evitare appunto che al contempo ci possano essere strumentalizzazioni".

Il presidente dell'Anm Cesare Parodi, audito dalla Commissione Giustizia del Senato, ha messo in evidenza alcuni quesiti insoluti:"Cosa si intende per manifestazione di questo consenso? Come possiamo interpretare? E ci sono spazi nella legge per interpretare legittimamente comportamenti che non sono forme di comunicazione inequivoca ma che nella percezione sociale, nel costume, sono indicativi di una forma di consenso? Questo è il grosso tema". E ancora: "La norma di legge potrà darci indicazioni in qualche modo chiarificatrici oppure sarà un'attività solamente interpretativa della giurisprudenza?", si chiede il magistrato, convinto che si tratti di "un problema molto serio che si pone sempre quando abbiamo fattispecie penali che vengono così tanto a coincidere con la storia e la percezione del costume delle persone, che sono in continua evoluzione". Il rischio è quello di promulgare una legge che lasci alla magistratura la possibilità "di integrare le singole condotte anche quelle non pacificamente espresse in termini comunicativi, adattandole al contesto in cui il rapporto si è svolto o ai rapporti pregressi, è un rischio dal punto di vista della determinatezza, ma una garanzia della possibilità di ricostruire, per quanto possibile, la situazione storica tra le parti per consentire di dare una lettura corretta di questo rapporto". Parodi ha, inoltre, ricordato: "Mi sono occupato negli ultimi 5 anni di questi reati, porto la mia esperienza che non è positiva. Parto da una domanda che venne posta in aula, si chiese alla persona offesa 'lei perché non ha gridato?' La giurisprudenza ha anticipato e superato l'interpretazione di queste tematiche; oggi i processi vanno a cercare se vi sia stato un consenso espresso. Il dato comune alle proposte di legge è formalizzare qualcosa che la giurisprudenza ha anticipato".

Giulia Boccassi, vicepresidente dell’Unione Camere Penali Italiane, conferma che il ddl "presenta alcune criticità", ma allo stesso tempo "può essere una grande occasione per un importante intervento legislativo per superare l'attuale assetto in tema di violenza sessuale". Secondo Bocassi "la riforma dovrebbe essere finalizzata a ridurre i dubbi e le incertezze applicative soprattutto a livello giudiziario". L'avvocato ha spiegato che a livello europeo sono due gli indirizzi: il modello del consenso affermativo "che rischia di dar vita ad una cornice che definisce la violenza sessuale in maniera eccessivamente ampia (modello spagnolo e francese)" mentre "meglio potrebbe essere il modello tedesco del 'no è no', l'onere di dissentire espressamente sta alla persona offesa e questo offre un bilanciamento tra tutela della vittima e garanzia".

Boccassi ha, infine, concluso: "Più siete tassativi nello scrivere le norme più è facile l'applicazione. Il dissenso è più facile da provare, il consenso ha una difficoltà probatoria assai più elevata e questo comporta un appesantimento dei giudizi comportamentali".

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