La legge elettorale agita la maggioranza. Fdi vuole accelerare, Fi e Lega tirano il freno

A gennaio, dopo regionali e manovra, potrebbe aprirsi il tavolo. Ma azzurri e leghisti vogliono prima il premierato

La legge elettorale agita la maggioranza. Fdi vuole accelerare, Fi e Lega tirano il freno
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da Roma

Qualcosa si muove, ma rigorosamente sotto traccia. Perché mettere mano alla legge elettorale è sì tra i desiderata di Giorgia Meloni ma è anche un'operazione che non è così scontato entri davvero nel vivo già nei prossimi mesi visto che sono troppo e ancora troppo fumose le variabili sul tavolo. La premier, però, vorrebbe stringere i tempi. E proprio ieri il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, l'azzurro Nazario Pagano, ha ipotizzato che «a inizio anno si possa avviare il confronto in Parlamento a partire da un testo anche con le forze di opposizione».

Fino ad allora, se davvero il là arriverà a gennaio, i partiti di maggioranza non possono quindi che limitarsi ad abboccamenti e tatticismi, anche in attesa dell'imminente mini election day del 23 e 24 novembre, quando andranno alle urne Campania, Puglia e Veneto. Le prime due, peraltro, sono regioni attenzionate anche in chiave legge elettorale. Soprattutto dal Pd, visto che un'affermazione convincente del campo largo sarebbe un segnale rispetto a eventuali tentazioni proporzionalistiche da parte di Elly Schlein (che nei confronti del leader del M5s Giuseppe Conte vanterebbe peraltro il grosso credito di aver fatto eleggere Roberto Fico governatore della Campania).

C'è poi la non indifferente questione premierato, visto che la cosiddetta «madre di tutte le riforme» è ferma in terza lettura da mesi in commissione Affari costituzionali della Camera. E al momento non sembrano esserci segnali di una ripresa imminente del dossier, visto che anche la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati (nella foto) ha fatto sapere ai suoi interlocutori di non aver ricevuto indicazioni in proposito. Sul punto è invece più ottimista il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che due giorni fa ha ribadito come la maggioranza sia «determinata ad andare fino in fondo sia sul premierato che sull'autonomia» perché «non sono riforme abbandonate».

Per altro, rimettere in pista il premierato significherebbe intervenire su quelle che anche nel centrodestra vengono considerate tre criticità da superare: la previsione del premio di maggioranza in Costituzione quando la legge elettorale è invece ordinaria, la sovra-rappresentazione degli italiani all'estero e il cosiddetto secondo premier (considerato «distorsivo» da quasi tutti i costituzionalisti perché di fatto più forte del primo).

Ecco, finché il premierato è ancora in pista - fanno notare sia da Forza Italia che dalla Lega - sarebbe ben curioso aprire formalmente un tavolo sulla legge elettorale visto che «sono due riforme che vanno in direzioni opposte, con il premierato che guarda al maggioritario e la riforma del sistema di voto al proporzionale». Si può ovviamente obiettare che nel secondo caso si tratterebbe di un proporzionale con premio di maggioranza per garantire la governabilità, ma il punto è un altro. I dubbi che filtrano da Forza Italia e Lega sono infatti la cartina di tornasole di quanto la partita sia complicata. Tanto che due giorni fa, a margine del question time alla Camera, il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha scelto di non schivare la domanda sulla riforma elettorale come avrebbe saputo e potuto fare. E - proprio lui che insieme a Giovanni Donzelli cura il dossier per Fdi - ha risposto senza alcuna esitazione ai giornalisti che gli chiedevano dell'indicazione del capo della coalizione sulla scheda elettorale, uno dei nodi del contendere all'interno della maggioranza.

«Tutto è negoziabile», ha detto il ministro aprendo agli alleati che guardano a questo scenario con qualche perplessità, perché temono che il nome di Giorgia Meloni sulla scheda crei un effetto trascinamento su Fdi a scapito degli altri partiti, un po' come succede con il candidato presidente alle regionali.

Insomma, sarà una lunga trattativa,

fatta di dettagli e compromessi. Partendo dall'intesa di massima sul superamento dei macro collegi uninominali (questione trattata insieme alla partita del Veneto) per passare a un proporzionale con premio di maggioranza.

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