 
Noi, che siamo patriarcali dentro, pensavamo di non dover mai rimpiangere gli asterischi, la Schwa, la direttora, la ingegnera, la medica, la assessora... Impossibile ci fosse qualcosa di peggio.
E poi, invece, l'altro giorno, abbiamo sentito il discorso alla Camera di una deputata dei Cinque stelle - il tema era la riforma dell'esame di maturità, che a questo punto si può abolire del tutto la quale, denunciando la deriva autoritaria della scuola, ci teneva a difendere «le studentesse e gli studentessi» che all'orale fanno scena muta. Ed era meglio l'avesse fatta anche lei, in Parlamento.
Ha detto proprio così, e più volte, l'onorevolessa. «Le studentesse e gli studentessi». Peraltro quasi vent'anni dopo l'album di Elio e le storie tese, che era rock, ma a questo punto non così demenziale.
Ora. Non sappiamo se sia stato un lapsus in fabula o un lupus linguae; forse è stata solo l'ideologia woke che le si è rivoltata contro. Sappiamo però noi che abbiamo fatto le scuole medie e non possiamo dirci del tutto ignorantessi, che se student-essi è il plurale, student-egli è il singolare.
Domanda. Ma gli studentessi, cosa fanno? Studentarono, studentano o studenteranno?
E pensa che la pagassimo 15mila euro al mese.
E per quanto riguarda i Cinque stelle: non solo non hanno mai aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno. Ma neanche un dizionario.
Volevano cambiare l'Italia, si sono accontentati di cambiare l'italiano.