Parmalat, Bondi passa al contrattacco: «Strane cose in Borsa»

Per la società troppe «coincidenze» tra il calo dei prezzi e le iniziative giudiziarie delle banche. Dal ritorno sul listino una flessione del 30%. Pro e contro sull’ipotesi di un’Opa

Massimo Restelli

da Milano

Più che un esperto di finanza occorre un enigmista: da quando la causa dell’inglese Hsbc ha insinuato il dubbio che le revocatorie previste dalla legge Marzano non siano compatibili con la Costituzione, calcolare il valore di Parmalat è un rompicapo. Questa è l’aria che si respira in Piazza Affari dove il gruppo di Collecchio, sotto pressione da diversi giorni, ha recuperato solamente nel finale quota 2 euro (più 1%). Dall’exploit di 3 euro toccato al rientro in Borsa di ottobre il titolo ha perso il 32 per cento.
L’ultima bagarre è stata scatenata dall’attesa per il responso della Consulta, ma ieri Parmalat è passata all’attacco contro iniziative legali che rischiano di minare il proprio piano di salvataggio. Il verdetto non arriverà prima di qualche mese ma l’ad Enrico Bondi ha cercato di circoscriverne l’impatto. La questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Parma riguarda le sole azioni revocatorie, ha rilevato Parmalat, specificando di avere costituito il collegio di difesa e ricordando come per quanto riguarda «quelle pendenti nei confronti degli altri soggetti convenuti, spetta a ciascun giudice la decisione in merito alle cause a lui affidate». Nessun impatto, invece, sulle cosiddette azioni risarcitorie per cui la legge fissa un importo massimo pari al passivo: 13,5 miliardi.
La strategia di Bondi ha puntato anche a smontare il ricorso presentato da Unicredit e Jp Morgan contro l’ammissione al concordato delle finanziarie olandesi e lussemburghesi. «Il Tar del Lazio ha respinto in passato istanze simili», ha specificato Parmalat dopo che l’affondo delle due banche, anticipato dal Sole 24 Ore, aveva creato altra apprensione sul mercato.
Segnali di tensione denunciati dalla stessa Parmalat, avanzando il dubbio che le «strane coincidenze» tra le iniziative legali delle banche e le indiscrezioni circolate sulla stampa non siano casuali ma abbiamo l’obiettivo di influenzare l’andamento del titolo in Borsa. Problema che Bondi medita di sottoporre alla Consob cui spetta di fare luce se ci sono interessi a comprimere il titolo.
In realtà potrebbe essere proprio la difficoltà di interpretare questa situazione a trasformarsi in una sorta di poison pill, una barriera contro eventuali scalate. Nelle scorse settimane era circolato l’identikit di Granarolo oltre a quelli di Lactalis e Nestlè. Ma a rendere poco probabile un’Opa è a questo punto l’incertezza sulla sentenza della Consulta, di fronte alla quale le azioni revocatorie (7,5 miliardi) andrebbero valutate zero. Per lo stesso motivo, le attività industriali di Parmalat sono stimate 2-2,4 miliardi, è difficile pensare che un socio sia disponibile ad aderire a un’Opa a queste condizioni: forse meglio aspettare la Corte costituzionale. L’intera vicenda lascia comunque qualche dubbio sui tempi scelti da Parmalat per il ritorno in Borsa.

Un’operazione complessa che si riflette nel prospetto informativo dove non è stata riservata grande evidenza alla legittimità delle revocatorie: il problema è affrontato a pagina 199-200. E che, vista la necessità di tutelare in primo luogo i piccoli investitori, conferma la necessità di un attento esame della Consob su tutte le dinamiche di Borsa.

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