Meglio pensarla guardando alla realtà: lo scudetto pesa, gli avversari di più, lo stellone per ora sta a guardare. L’Inter che dovrebbe essere la più forte (nella rosa) e la più brava (nel gioco d’attacco) ha qualche granellino nell’ingranaggio. Li aveva anche l’anno passato ad inizio stagione. Non a caso la prima partita a San Siro, seconda di campionato, fu un pareggio. Ci volle almeno un mesetto perché la squadra prendesse passo da panzer.
Magari capiterà anche quest’anno, ma i mugugni dietro le quinte, i giochi di luci e ombre che traversano gli umori di Moratti e Mancini, la difficoltà di tener a freno uno spogliatoio mai troppo tranquillo, tutto questo annuncia che non basterà trovar miglior forma fisica, assestare il centrocampo condizionato da uomini sempre in bilico tra l’essere o non essere (malati) e metter d’accordo i goleador. L’Inter litigarella è un «must» calcistico, ma c’è il rischio di tornare ai vecchi tempi, che non sono quelli dello scudetto. Ieri è stato annunciato l’acquisto di Pelè, nel senso di un ventenne centrocampista portoghese. Angelo Moratti voleva portare a Milano quello vero e brasiliano, il figlio si accontenterà di una copia riveduta, corretta e portoghese. E Mancini ha già fatto intendere: non è con questo ragazzotto che si vince la Champions o si rivincono gli scudetti. Intanto c’è da trovar squadra ad Adriano (in Inghilterra? Oggi la decisione), disfarsi di Recoba, magari acquistare i giocatori che chiede il tecnico e non quelli che solleticano gli amori della dirigenza. Serve un’Inter che giochi e faccia gol, serve un’Inter che ripassi la lezione dello scudetto, serve un’Inter meno fragile sotto tutti i punti di vista. Per ora è un cristallo. Il diamante dell’anno scorso è un ricordo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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